VILLADOSSOLA- 26-09-2016- Villadossola organizza tre giorni di manifestazioni
per ricordare l'ottantesimo anniversario della medaglia d'oro al Valor Militare dell'alpino Attilio Bagnolini e il centoquarantaquattresimo anno della fondazione delle truppe alpine Villadossola. Giovedì 6 ottobre alle 18 nella sala conferenze del teatro La Fabbrica il professor Alessandro Lana presenterà il libro scritto da Isabella Calò “ Attilio Bagnolini l'uomo, l'alpino, leroe”. Venerdì 7 ottobre alle 21 al teatro La Fabbrica si terrà il concerto della Fanfara della Brigata Alpina Taurinense. Sabato 8 ottobre alle 16.15 è previsto il ritrovo in piazza Republica, alle 16.45 la sfilata verso il monumento ai caduti con la Fanfara Alpina Ossolana e la deposizione della corona d'alloro. Alle 18 la messa in suffragio di tutti i caduti alpini con la presenza del coro Ana della sezione di Domodossola. Alle 19 rinfresco offerto dai gruppi della Valle Antrona all'oratorio. Gli eventi che sono organizzati dalle sezioni degli alpini di Domodossola e Villadossola e dal Comune di Domodossola sono stati presentati questa mattina nella sala conferenze della biblioteca di Domodossola. Attilio Bagnolini nato nel 1913 a Villadossola cadde durante la decisiva battaglia dei Laghi Ascianghi il 31 marzo 1936 ai 2512 metri del passo Mècan (Africa Orientale). Fu decorato di Medaglia d’oro al V.M. alla memoria con la seguente motivazione : “Capo arma leggera, in piccola ridotta avanzata di capitale importanza, spiegava efficace e instancabile azione di fuoco contro le orde nemiche attaccanti. Accortosi che l'avversario, con grave pregiudizio della difesa, tentava, defilato alla vista, l'aggiramento per un roccione sovrastante, non esitava di balzare fuori della ridotta con la sua arma e una cassetta di munizioni e raggiunto il roccione sorprendeva col suo fuoco micidiale il nemico, ergendosi in piedi con l'arma imbracciata per meglio colpirlo. Gravemente ferito al petto, mosso solo dalla preoccupazione di salvare l'arma, riusciva, grondante di sangue, a trascinarla, col suo corpo martoriato, nella ridotta. Quivi, benchè stremato di forze, si ergeva nuovamente in piedi e riprendeva a sparare contro il nemico che imbaldanzito ritornava all'assalto. Colpito una seconda volta, ripiegandosi in estremo amplesso sull'arma, lanciava nel dialetto natio, suprema sfida al nemico, l'ultimo grido: "Pais, feila veddi" (Compagni, vendicatemi). Sublime esempio delle più fulgide virtù guerriere di nostra stirpe”.
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