ROMA – 26.02.2016 – Ricorsi rigettati e parti civili confermate.
La Cassazione ha scritto giovedì la parola fine al processo della “firmopoli” verbanese, rendendo definitive le sentenze di patteggiamento concordate dagli imputati a dicembre con il pm Nicola Mezzina e accettate dal gup del tribunale di Verbania. Anche se il dispositivo non è ancora stato depositato, la Suprema corte ha reso note le decisioni sui ricorsi presentati da Marco Zacchera, Luigi Songa, Giulio Lapidari e Marco Campanini, nei cui confronti la pena è diventata quindi definitiva: 10 mesi e 15 giorni per Songa, 10 mesi per Zacchera, 7 mesi per Campanini, 5 mesi e 20 giorni per Lapidari. I primi due avevano ricorso contro la costituzione delle 12 parti civili, 11 candidati e presentatori delle liste Ncd e Comunità.vb e una semplice elettrice. Chiedevano che non fossero riconosciuti come parti lese e da risarcire e contestavano quindi che fossero state messe dal giudice anche a loro carico (unitamente a tutti gli altri imputati) le spese legali di costituzione, circa 14.000 euro. Lapidari ricorreva, oltre che sulle parti civili, anche nel merito del patteggiamento, puntando sul fatto che il falso in scrittura privata (non quello elettorale) è stato nel frattempo depenalizzato. Campanini ricorreva perché, pur non essendosi nessuno costituito parte civile contro di lui, nella sentenza era stato indicato come co-obbligato a risarcire.
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Lapidari, condannandolo a pagare anche 2.000 euro alla cassa delle ammende; ha accolto quello di Campanini; e ha accolto quello di Zacchera e Songa solo per la quantificazione delle spese delle parti civili – che sono confermate come tali –, rinviate a una causa civile.
L’inchiesta nacque nel 2014 a ridosso delle elezioni comunali di Verbania. La sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri passò al setaccio tutte le sottoscrizioni a sostegno delle 14 liste presentate. Ne furono coinvolte, a vario titolo, 12. Una perizia grafica ha stabilito che Songa e Zacchera falsificarono alcune firme di elettori (Songa le ha anche autenticate come consigliere provinciale) di Fratelli d’Italia, così come Antonio Tambolla per Forza Italia, che ha patteggiato 7 mesi. Antonio Di Tullio – 5 mesi e 25 giorni – firmò per i figli nella lista di Fdi; Campanini autenticò firme genuine non prese in sua presenza ma anche una falsa; Diego Brignoli e Giuseppe Grieco hanno concordato 5 mesi e 15 giorni per aver autenticato le firme, regolari ma raccolte in maniera non regolare, del Pd e di altre liste della coalizione di centrosinistra a sostegno di Silvia Marchionini. La stessa accusa, per un movimento civico, riguardava Lapidari.