OMEGNA- 01.10.2016- Lo chef non è solo una persona che prepara piatti raffinati chiuso nella cucina. E’ una descrizione che oggi per fortuna non esiste più; chi svolge questa professione deve interagire con il pubblico anche attraverso la globalizzazione mediatica perché la cucina non è solo pancia ma anche cervello. Di questo ne è convinto un testimonial che si può definire “a chilometri zero” ovvero Marco Sacco, patron del ristorante “Il piccolo Lago” di Mergozzo, ospite ieri sera, venerdì 30 settembre nella sede del circolo “Franco Ferraris”. Nella sala scacchi, locale al piano interrato, il cinquantaduenne professionista si è raccontato davanti ad una platea attenta e sazia di pasta all’amatriciana, un piatto cucinato dalla cuoca Margherita per circa 250 commensali. Una cena benefica il cui ricavato è stato destinato alle popolazioni colpite dal sisma lo scorso 24 agosto. Gloria Celli ha organizzato la serata invitando l’amico chef non solo a mangiare ma anche a raccontare di sé, rispondendo alle domande poste dal pubblico. Al “Piccolo Lago” è arrivato all’età di nove anni quando i genitori, entrambi ristoratori, hanno deciso di acquistarlo. Il padre Gastone, cuoco, è stato il suo punto di riferimento nella formazione iniziale e nella sfida al cambiamento lasciando al figlio carta bianca per trasformare il ristorante, un passo alla volta, nell’incantevole gioiello di oggi. Al fianco di questo minuto uomo con i capelli grigi un po’ ribelli c’è la moglie Lella, le cui competenze sono vitali per la conduzione del locale così come l’esistenza di uno staff affiatato. I viaggi compiuti da ragazzo e poi da adulto hanno trasformato lo chef del lago di Mergozzo, diventato padre e nonno, in ambasciatore della cucina italiana. L’apprezzamento per i prodotti nazionali, la capacità di saperli scegliere e impiegarli sono dettagli non banali. La sfida continua sta nell’abilità di saperli sposare con altri ingredienti. Una storia senza fine di cui Marco Sacco è protagonista vero.
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