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LESA – 17.10.2016 – Il cuore continua a battere

a Lesa, ma il marchio sta conquistando il mondo. Dopo quasi settant’anni e con un cambio generazionale alle spalle – dal fondatore Giuseppe Marenzi al figlio Claudio – Herno è un’azienda che naviga salda nel mercato internazionale del tessile, portando in alto il made in Italy. Un made in Italy che il suo Ceo, Claudio Marenzi, difende anche come presidente di Sistema moda Italia (l’associazione di categoria del settore) e che chiede sia difeso anche dal governo. L’appello è stato rinnovato oggi al ministro per gli Affari regionali Enrico Costa, che è andato in visita allo stabilimento di Lesa. “Apprezzo molto l’operazione ‘industria 4.0’ – ha detto Marenzi – e sono contento di leggere che il governo alza un po’ la voce all’estero. Ne abbiamo bisogno: dobbiamo farci sentire contro quegli stati che si ammantano di essere virtuosi ma poi producono all’estero e assemblano solamente in patria. Da anni spingiamo perché l’Europa obblighi a certificare i prodotti ‘made in’ dei singoli Paesi, ma nessuno ci dà retta”.

“Lo scopo della politica è di semplificare i problemi alle imprese e ai cittadini, facendo meno leggi e rendendole più chiare – ha aggiunto Costa –. E di essere a contatto con gli imprenditori e con chi può dare consigli utili o spiegarci che cosa si aspettano da noi e dalla politica”.

Il monregalese Costa, unico ministro piemontese nel governo, a Lesa ha trovato anche una realtà ancorata al territorio, che guarda alla tradizione di un marchio di famiglia, ma che pensa al futuro, all’innovazione. “Abbiamo un laboratorio con sessanta tecnici impegnati nello sviluppo e nell’innovazione che in pochi possono vantare – ha rivendicato con orgoglio Marenzi –. Lavoriamo sulle idee da portare sul mercato tra due-tre anni, sforniamo prototipi partendo dai tessuti per arrivare poi all’industrializzazione e ai modelli che andranno sul mercato”.

Marenzi ha condotto il ministro in un lungo tour per lo stabilimento, dallo store che punta sull’estetica e il design sino al reparto prototipia dove operano le sarte con la macchina da cucire ma si saldano anche i tessuti con la termofusione, dal magazzino automatizzato all’outlet, al reparto moda. Costa s’è dimostrato molto curioso e interessato, apprezzando la visita.

A Lesa lavorano 150 persone, ma altre 800 operano in Sicilia e solo un 20% della produzione avviene in Romania. “Il tessile sta invertendo la tendenza della delocalizzazione, perlomeno per l’alta gamma – ha spiegato Marenzi –. Certo, siamo consci che alcune produzioni da noi non torneranno mai. Ma dobbiamo anche pensare che anche la Cina sta delocalizzando nei paesi asiatici emergenti e persino in Africa”.

Su Lesa sono in corso numerosi investimenti. Dopo il magazzino della logistica completato tre anni fa e già insufficiente perché il ritmo di crescita e produzione di Herno è stato impressionante, come dimostra il fatturato passato da 7 milioni nel 2005 ai quasi 80 previsti per il 2016. A breve partiranno i lavori per l’ampliamento dell’attuale sede all’interno di Lesa – il primo opificio del paese ritirato dai Marenzi negli anni ’80 –, che si ingrandirà e avrà un tratto architettonico moderno e sostenibile con giardini verticali. E si ragiona già a un nuovo polo logistico.

La sostenibilità sta anche nel progetto che Herno, insieme al colosso bergamasco della chimica Radici group e alla varesina Eurojersey hanno lanciato recependo, primi in Italia, una direttiva europea che punta a mappare l’impatto ambientale di ogni singolo prodotto. “Ora abbiamo dati scientifici che ci dicono quanta acqua è stata utilizzata, quanta CO2 è stata rilasciata e quante risorse consumate per ogni capo”, ha spiegato il Ceo di Herno.

Sul piano internazionale, mentre permane l’outlet di Lesa, l’unico al mondo della società, stanno aprendo negozi in franchising ovunque. Herno aprirà entro poche settimane un nuovo atelier a Mosca. Nell’ultimo anno ne ha inaugurati 10: in Ucraina, in Corea e negli Stati Uniti facendo salire a 29 il numero di negozi sul pianeta.