VERBANIA – 23.11.2016 – Condanne pesanti e maxirisarcimenti.
S’è chiuso così il processo per il crac della Residenza Villa Patrizia, il complesso turistico di Cannobio costruito all’inizio degli anni 2000. Dopo che, con rito abbreviato, il manager napoletano Raffaele Azzato era stato condannato a 3 anni e 4 mesi per bancarotta fraudolenta, ieri il tribunale di Verbania ha punito anche Marco Marzano e Paolo Tedino. Il primo, imprenditore noto nell’alto Verbano per le sue attività, non solo immobiliari, e per l’impegno sportivo (fu presidente della Cannobiese e del Verbania calcio negli anni ’90), è stato condannato a 3 anni e 3 mesi. Il secondo, consulente torinese chiamato al capezzale della società, a 4 anni e 6 mesi. Tutti e tre in solido dovranno risarcire la curatela per 2,8 milioni, più 970.000 del solo Marzano, considerato responsabile non solo di bancarotta, ma anche di appropriazione indebita. Assolto con formula piena perché il fatto non sussiste il commercialista Giovanni Issoglio, revisore dei conti della società.
La storia di Villa Patrizia inizia quasi vent’anni fa con il progetto di convertire gli ex Ossidi metallici in un albergo-residence. Della costruzione si occupa Antonio Bruno (assolto dalla bancarotta con rito abbreviato). La struttura non decolla, le entrate non coprono la pesante esposizione e il mutuo acceso per la costruzione, tanto che il tribunale decreta il fallimento, con un passivo di 16 milioni, nel luglio del 2012. A quel punto la Procura indaga sugli anni precedenti, sulla trasformazione societaria, sulla rivalutazione degli immobili ritenuta fittizia e mirata a nascondere le perdite, sulle operazioni che vedono coinvolti Tedino e Azzato, scelti per i loro buoni contatti nel settore bancario e immobiliare nella necessità di rifinanziare la società che rischiava il tracollo, come poi è accaduto. Marzano fu socio e amministratore, Tedino amministratore per un anno tra il 2009 e il 2010, Azzato nel periodo successivo. Per il collegio di magistrati presieduto da Luigi Montefusco e composto da Rosa Maria Fornelli e Raffaella Zappatini sono loro i responsabili della bancarotta.