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pineta neve inverno

VIGEZZO- 25-12-2016- Oggi sempre più polo turistico e culturale,

location dei mercatini di Natale, annoverati tra i più belli d'Europa, la Valle dei  Pittori ha saputo risollevarsi da un passato di ristrettezze eppure ricco di calore umano specialmente nei giorni dedicati all'Avvento. "Il Natale dell'anima" come lo descrive lo storico e giornalista Benito Mazzi, non viveva di luci e apparenze ma sapeva comunque meravigliare nella sua disarmante semplicità. Nei suoi ricordi, i Natali bianchi di neve, come oggi quasi non se ne vedono  più, la Santa Messa di Mezzanotte seguita dalla tappa all'osteria per scaldarsi con il tipico vin brulè. E il tradizionale piatto esposto fuori dalla finestra, sul quale il "Bambin Gesù" deponeva delle noci, delle nocciole o addirittura qualche arancia.  "Io ero tra i pochi fortunati con il presepe allestito a casa, con tanto di muschio e statuine di carta. Allora, l'albero decorato non era diffuso come oggi e non esisteva la figura di Babbo Natale. Pareva evidente la compresenza di due Gesù Bambini, uno per i pargoli delle famiglie agiate  e uno riservato alla prole contadina o di servizio con doni diversificati a seconda della disponibilità economica di ciascuna famiglia."  Ottavio Mellerio, una vita vissuta sugli alpeggi, ricordava che da bambino, temeva che con tutta quella neve, Gesù Bambino non avrebbe trovato la via per raggiungere l'alpeggio, disperando così per i propri doni.  Natale era l' occasione anche per sfoggiare un bel paio di sci nuovi. Negli anni '30-40, un certo Braghini, varesotto di Capolago, mise su famiglia a Zornasco dove impiantò una falegnameria e grazie alla sua abilità artigiana realizzò sci rudimentali ma su misura per tutti. c racconta questi e altri aneddoti, nelle sue interviste a quarantasette vigezzini di età compresa tra i 45 e 95 anni, sui ricordi dei Natali passati in Valle. Quando il pranzo di Natale, unico momento di convivialità festiva, consisteva in un piatto di risotto , del bollito o una gallina in brodo e infine delle frittelle. Per il panettone, le spagnolette e le carrube, bisognava attendere il secondo dopoguerra. "Una volta si faceva di necessità virtù, il Natale portava una ventata di bontà, le divergenze si appianavano e la comunità in festa era ancora più unita. Talvolta a qualche piccolo spazzacamino di servizio in città, era concesso durante le festività di ritornare in famiglia.  Era la festa interiore dell'anima" , conclude lo scrittore Benito Mazzi.

Elisa Pozzoli