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VERBANIA – 27.02.2017 – Quelle dimensioni fantasma

sono ormai diventate un giallo. Alla vigilia dell’udienza preliminare in cui, in tribunale, si discuterà delle accuse di violazione della privacy mosse al consigliere della casa di risposo “Muller” di Intra Concetto Drago dalla Procura su denuncia del presidente Massimo Maspoli e per le quali l’ente ha votato la costituzione di parte civile, sul fronte politico resta un mistero che cosa sia accaduto delle dimissioni di Maurizio Oldrini.

Il 26 novembre dell’anno scorso l’ex capogruppo dei Popolari a Palazzo Flaim – consigliere del “Muller” nominato dal Consiglio comunale – scrisse al presidente dell’assemblea municipale Pier Giorgio Varini e al sindaco Silvia Marchionini una missiva in cui, annunciando le proprie dimissioni, rendeva noti i forti dissidi interni all’ente benefico la cui maggioranza dei rappresentanti è espressa dal comune di Verbania. Alle dimissioni sarebbe dovuta seguire la surroga, da votare a scrutinio segreto dal Consiglio comunale. Ma nelle cinque sedute seguenti ciò non è accaduto. Il 13 febbraio scrivemmo di questo singolare “caso”, che sollevò le proteste di alcuni gruppi di minoranza, in particolare del M5S, critico verso Varini e deciso a chiedere l’azzeramento del cda. Il 22 febbraio il consigliere di Sinistra & Ambiente Renato Brignone, lette le dichiarazioni di Varini a Eco Risveglio “È vero che Oldrini ha consegnato la sua lettera di dimissioni il 28 novembre ma per un errore non sono state subito protocollate e quindi non è stato possibile inserire il punto nel primo consiglio comunale utile. Appena però ci siamo accorti della situazione, quindici giorni fa abbiamo protocollato ufficialmente le dimissioni ed ho anche proposto di discuterne il 21 febbraio in consiglio. La minoranza però non ha voluto, è stato tolto dall'ordine del giorno per parlare solo di bilancio. Nessuno ha voluto insabbiare nulla”, ha chiesto agli uffici di fargli avere la lettera di dimissioni, ricevendo indietro un documento datato 6 febbraio 2017. Stamane lo stesso Brignone è tornato in Comune e ha scoperto che il documento era stato effettivamente protocollato il 28 novembre e che non c’era nessun errore. “Sono stufo di lasciar credere a un gruppetto di ‘furbetti del comunello’ di poter prendere in giro tutti – scrive Brignone sul suo blog Verbaniafocuson – Quindi Presidente, dovremmo credere davvero che è colpa del ‘protocollo tardivo’? (...)

Chi ci dice che quel ‘protocollo tardivo’ non sia stato ‘voluto’? Cosa altro serve perché la comunità prenda atto della sua inadeguatezza? Ma poi, sinceramente, non è credibile che il dimissionario non abbia mai sollecitato o discusso con la Presidenza la questione, davvero qualcuno crede che mesi di inerzia si possano giustificare con la fantasiosa e salvifica scusa del ‘protocollo tardivo’?”. Da qui la richiesta di dimissione “di una presidenza parziale e inadeguata: le dimissioni del sindaco attendo che le chieda la sua maggioranza appena si desta dal sonno della ragione che sembra quasi la morte del buon senso”.

Sulla questione, detto che prima di dimettersi in novembre Oldrini ha portato il “caso” Muller all’attenzione della segreteria cittadina del Pd - che in questi giorni sta ragionando di chiedere l'azzeramento del cda, il quesito di fondo è: chi non ha agito? La versione del protocollo perduto è fragile. I documenti in entrata in Comune, una volta etichettati e scannerizzati (come nel caso di specie), vengono inseriti in un programma indicando mittente, destinatario (o destinatari) e oggetto. A quel punto sulla “scrivania virtuale informatica” del destinatario compare quella missiva. Difficile pensare che, essendo indirizzata a sindaco e presidente del Consiglio comunale, sotto i quali operano almeno quattro funzionari, tra cui un coordinatore sottoposto a un dirigente, nessuno se ne sia accorto.