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VERBANIA – 07-03-2017 – La mano verso il seno, il tentativo

di un bacio e la richiesta di avere soldi. Era spalle al muro, trattenuta per le braccia in una rientranza della palestra seminterrata, la volontaria ossolana che il 12 aprile 2015 subì un approccio sessuale da Joshua Destiny, profugo all’epoca dei fatti ospite del centro di accoglienza di Craveggia e quel giorno invitato alla “festa dei popoli” organizzata all’oratorio di Villadossola. L’uomo, poi allontanato dal centro e attualmente irreperibile, è stato condannato dal tribunale di Verbania a un anno e tre mesi per tentata violenza sessuale, tentata rapina ma anche per minacce aggravate. I primi due capi d’imputazione si riferiscono ai fatti della palestra, dove la volontaria era scesa per riassettare a fine manifestazione e lui, 36enne della Nigeria alto quasi due metri, l’aveva seguita senza farsi accorgere. “Ho cercato di divincolarmi e gli ho chiesto di andarsene”, ha raccontato la ragazza in aula, salvata dall’arrivo di un altro volontario che si è frapposto tra i due e ha invitato l’africano a andarsene, senza che questi opponesse resistenza. Destiny, destinatario di un primo diniego alla richiesta d’asilo, era già noto a Villadossola per le sue intemperanze, manifestate – anche in episodi che avevano richiesto l’intervento delle forze dell’ordine – nei mesi precedenti, quando i gestori del centro di accoglienza s’erano risoluti a trasferirlo in Valle Vigezzo, in un ambiente meno a rischio. Secondo quanto raccontato da un assistente sociale in aula, era dedito all’alcol e quel giorno era ubriaco, tanto che prima del “fattaccio” aveva già creato problemi proprio a due operatrici, alle quali s’era rivolto in maniera sgarbata e minacciando di ucciderle con il gesto del dito che taglia la gola. Nel pomeriggio aveva anche urinato in pubblico nel mezzo del campo da basket all’aperto, trattenuto poi dagli altri profughi che, per tutta la giornata, avevano cercato di placarlo. La denuncia era stata presentata a fine serata, dopo che la volontaria aggredita, scossa e in lacrime, s’era confidata con le altre operatrici, firmatarie della denuncia presentata poi alla polizia e dalla quale è scaturita l’indagine che ha portato al processo. Destiny, difeso d’ufficio dall’avvocato Claudia Oggiani, è stato condannato a un anno e a tre mesi, con il beneficio della sospensione condizionale della pena ma con le pene accessorie dell’interdizione perpetua dall’istituto della curatela e quella temporanea (per la durata della pena) dai pubblici uffici. Il suo avvocato, che non l’ha neanche mai incontrato, aveva chiesto l’assoluzione per la rapina e le minacce, che ritiene non vi siano state, chiedendo al collegio presieduto da Luigi Montefusco (giudici a latere Rosa Maria Fornelli e Raffaella Zappatini) di considerare lo stato psicologico generale del suo assistito, che era ubriaco. Il pm Gianluca Periani aveva invece insistito per una pena complessiva di 3 anni, 6 mesi e 500 euro di multa. Il collegio ha ritenuto il fatto di minore gravità.