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convitto crodo

VERBANIA – 09.03.2017 – La sentenza sarà

il 6 aprile, ma il processo è ormai chiuso con il pm che ha chiesto la condanna di tutti gli imputati. In una sola udienza è già giunto al capolinea – su tutti i fatti, che risalgono al 2010, incombe comunque la prescrizione – il processo bis del convitto di Crodo. Il bis si riferisce al fatto che è la seconda volta che l’appalto con cui la Provincia commissionò la realizzazione dell’ostello a servizio dell’istituto agrario “Fobelli” è oggetto di un procedimento penale. Nel primo, esaurito in nove udienze, il giudice Rosa Maria Fornelli s’era pronunciata per l’assoluzione con formula piena, sentenza appellata dal sostituto procuratore Nicola Mezzina che ha poi istruito un secondo procedimento, identico nel reato contestato ma diverso nel capo d’imputazione.

A giudizio ci sono tre tecnici e ex tecnici della Provincia, l’ingegner Giandomenico Vallesi, all’epoca dei fatti responsabile dell’Ufficio tecnico, l’ingegner Danilo Recupero (direttore dei lavori), il geometra Massimo Savia (responsabile di cantiere), insieme all’imprenditore Leonardo Turco. Per tutti l’accusa è di concorso in falso ideologico. Secondo la Procura avrebbero alterato le tabelle computometriche dei lavori, facendo risultare una data diversa da quelle in cui in realtà erano stati creati. L’inchiesta nacque da un esposto dello stesso Turco, che chiedeva con insistenza il saldo degli stati di avanzamento lavori, ma che non otteneva il denaro dall’ente, che si giustificava con il rispetto del Patto di stabilità. Esclusa la turbativa d’asta, la Procura si concentrò sulle perizie di variante. Il progetto, infatti, in corso d’opera era stato modificato per venire incontro alle esigenze della scuola. È in questo contesto che l’accusa ritiene siano stati alterati i documenti.

In aula il pm Rosanna Zema ha chiesto 2 anni per Recupero e Vallesi, un anno e 6 mesi per Savia, un anno e 4 mesi per Turco. Nelle loro arringhe difensive gli avvocati hanno spiegato che il falso non sussiste. “Non c’è prova certa delle modifiche dei file informatici – ha detto Paolo Patacconi, legale di Vallesi -, né c’è prova che le tabelle stampate provengano da quei file. Si è trattato di un normale copia-incolla di documenti. Ma, poi, come avrebbero potuto sapere gli imputati un anno prima il valore del prezziario regionale dell’anno dopo?”. Per Costantino Ricci, che assiste Recupero, il processo, costruito sugli stessi fatti dell’altro, non può che concludersi come quello precedente, dove fu dimostrato che non vi furono falsi. “Non vi è stato falso, né alcun danno per la Provincia e, anzi, il convitto è stato realizzato secondo le indicazioni dei professori e svolge ottimamente la sua funzione”, ha rimarcato Bruno Stefanetti per Savia.

Il giudice Montefusco ha aggiornato l’udienza al 6 aprile per le repliche e la sentenza.