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VERBANIA – 13.03.2017 – Lavori socialmente utili

per estinguere il reato di uccisione di animali. È questo quanto chiede la coppia di verbanesi accusata di aver soppresso “senza necessità e con crudeltà” due gattini di tre mesi avuti in affidamento da una clinica veterinaria cittadina. Rosario Garofalo e Olga Barbaglia la mattina del 30 giugno dell’anno scorso si recarono in clinica cercando mici da adottare e ottennero due cuccioli meticci, uno bianco e uno con striature nere, che il veterinario e una volontaria consegnarono loro. Quest’ultima ricevette sullo smartphone, attorno alla mezzanotte, un messaggio di Garofalo che le comunicava la morte dei gatti, avvenuta per l’ingerimento di schegge di plastica della ciotola – di cui spedì anche una fotografia – da cui mangiavano e che i due animali avrebbero rotto. Il mattino successivo un altro messaggio, di tenore opposto, diceva che erano vivi e stavano bene. La volontaria, insospettita, si recò di persona nell’abitazione dei due e con insistenza chiese di vedere i mici, che alla fine le furono consegnati morti, prelevati dal contenitore dell’immondizia. Erano già in fase di putrefazione, presentavano fuoriuscite di sangue dalla bocca e dalle orecchie e avevano all’apparenza alcune fratture. Uno, addirittura, mostrava la parziale fuoriuscita degli intestini. L’autopsia a cui furono sottoposti successivamente confermò che il decesso era stato provocato da traumi violenti.

Nel frattempo un’inchiesta era stata aperta dalla polizia municipale di Verbania sulla denuncia di due associazioni animaliste. Lida e Amici degli animali, oltre al “caso” dei due gatti avevano segnalato, anche con dichiarazioni giurate di terze persone, che la coppia aveva chiesto e ottenuto altri gatti e che ne cercava ancora. Gatti che, però, non sono mai stati trovati a casa loro. Al termine delle indagini, la Procura ha ritenuto la coppia responsabile del reato di uccisione di animali, emettendo due decreti penali di condanna pari a 15.000 euro l’uno, equivalenti ciascuno a due mesi di reclusione. Gli interessati hanno presentato opposizione chiedendo di essere ammessi alla “messa alla prova”, di svolgere cioè lavori socialmente utili al comune di Gravellona Toce – già disponibile a impiegarli, l’uno nella pulizia delle strade, l’altra in mansioni all’asilo – fino all’estinzione del reato. Il giudice ha fissato udienza per discutere la richiesta il 2 ottobre in camera di consiglio.