AURANO – 06.04.2017 – Il ricorso è stato dichiarato
inammissibile e la vicenda s’è definitivamente chiusa con l’assoluzione di tutti gli imputati. Dieci anni e mezzo sono passati dalla frana d’Aurano, da quella sera di diluvio in Valle Intrasca durante la quale una grande massa di terra e fango si staccò dal pendio sovrastante il ponte Laura, trascinando nel torrente San Giovanni la Renault Kangoo delle due dottoresse dell’istituto Auxologico Cinzia Miscio di Stresa e Simonetta D’Alisa di Grignasco
Fin dal giorno successivo alla tragedia, le indagini si concentrarono sul depuratore che si trova al di sopra della strada e che, tracimando causa le forti piogge, avrebbe provocato la frana. Su questa tesi, sostenuta dall’allora sostituto procuratore verbanese Bianca Maria Baj Macario, finirono a giudizio il sindaco di Aurano Loredana Brizio, il suo predecessore Marcellina Morandi, l’ingegnere-progettista di una variante al depuratore Alberto Padulazzi e il segretario comunale Antonio Curcio come responsabile della manutenzione. Il collegio giudicante presieduto da Luigi Montefusco li assolse tutti nell’ottobre del 2010, ritenendo non provato che la frana fosse dipesa dall’errato funzionamento del depuratore.
A quella sentenza fu presentato appello. Per questo venerdì i legali degli imputati – l’ex sindaco Morandi, già novantenne all’epoca del procedimento di primo grado, nel frattempo è deceduta – si sono presentati alla Corte d’Appello. Alberto Pelfini per Curcio, Giovanni Bonalumi e Francesco Dassano per Padulazzi e in sostituzione del legale di Brizio, non hanno nemmeno dovuto entrare nel merito perché l’impugnazione è stata dichiarata inammissibile avendo l’allora procuratore generale depositato una rinuncia all’appello del pm poi corretta con una nuova istanza. I giudici hanno però rilevato che la rinuncia è un atto irrevocabile e hanno chiuso la vicenda, che in sede civile ha visto i familiari delle due dottoresse, allora di 48 e 37 anni, risarcite.