NOVARA – 06.04.2017 – Quante volte, dalle tribune
– non di rado anche dalla panchina o in campo per tramite degli stessi giocatori – s’è sentito gridare e inveire contro l’arbitro? E quante altre volte, di fronte ai responsi della giustizia sportiva, le imprecazioni si sono moltiplicate per squalifiche ritenute ingiuste o esagerate?
Quest’ultimo pensiero, il mese scorso, è corso alla mente dei dirigenti di una squadra del Novarese, fortemente penalizzata dal referto arbitrale stilato dal direttore di gara di un match della categoria Giovanissimi. Al termine dell’incontro tra adolescenti di 14 e 15 anni è stata comminata a una delle due squadre – quella ospite – una multa di 180 euro con la squalifica dell’allenatore per tre mesi e del dirigente accompagnatore per sei. La multa si giustificava, non solo con il lancio dagli spalti di una bottiglia d’acqua piena a suo indirizzo, ma anche con l’atteggiamento del dirigente (accusato d’aver tentato a fine gara di colpire l’arbitro, trattenuto solo da altri dirigenti) e dell’allenatore (colpevole d’averlo offeso e strattonato per la maglia).
Contro quei provvedimenti la società ha presentato ricorso. E, come accade nella giustizia sportiva, diversamente da quella penale, decisivo è stato il racconto dell’arbitro, il cui referto è cosiddetta “prova privilegiata”, supera cioè tutte le altre testimonianze, fossero anche di cento persone presenti al fatto. Resoconto che, clamorosamente, è stato cambiato. La giacchetta nera, infatti, ha inviato ai giudici sportivi di secondo grado una memoria di rettifica in cui ha precisato che “quanto riportato nel proprio rapporto non corrispondeva al vero – si legge nella sentenza d’appello – ovvero, in altre parole, le condotte addebitate alla società (…), al suo allenatore ed al suo dirigente non erano in realtà accadute, ma erano il frutto di un suo travisamento dovuto ad uno stato psicologico alterato dal clima venutosi a creare durante la gara”.
Il ricorso è stato accolto, le sanzioni annullate e gli atti sono stati inoltrati alla Procura federale per valutare se l’arbitro dovrà subire a sua volta un procedimento disciplinare. A suo discarico, però, non si può non tener conto che s’è pentito e, corretto da solo, ha discolpato coloro che ingiustamente aveva accusato.