MONTEBELLUNA – 01.05.2017 – Fusione subito,
passaggio sotto all’ombrello pubblico e cessione. È questa la strada tracciata per Veneto Banca, il cui destino è ormai inequivocabilmente legato alla popolare di Vicenza. Nei giorni scorsi l’assemblea dei soci ha approvato il bilancio 2016, che chiude a -1,5 miliardi e registra l’ennesimo rosso dovuto in larga parte alle rettifiche sui crediti. Il sì più “pesante”, poiché controlla il 97,64% delle quote, è stato quello del rappresentante del Fondo Atlante, il vettore nato per il salvataggio degli istituti di credito in crisi e che s’è preso in carico Montebelluna, ma anche popolare di Vicenza. E che, stando a quanto riferito in questi giorni, destinato a defilarsi fin da subito e pronto a uscire di scena. Le perdite di Veneto Banca e Vicentina richiedono ingenti ricapitalizzazioni, che il Fondo non sosterrà ma che – stando a quanto riportano le agenzie finanziarie e gli esperti del settore – saranno garantite con denaro pubblico. Lo Stato dovrebbe entrare a circa il 70% del capitale della società che nascerà dalla fusione delle due ex popolari venete. Fusione che è l’unica opzione in campo e per la quale stanno lavorando alacremente i vertici dei due istituti, Bankitalia e la Banca centrale europea. Solo l’aggregazione, una profonda revisione dei costi e la “normalizzazione” anche sul mercato, dove entrambe hanno perso significative quote di mercato, permetterà allo Stato di accompagnare la transizione per, verosimilmente nell’arco temporale di 3-4 anni, di cedere le quote della banca così risanata.
Il taglio dei costi significa innanzitutto la cessione di tutte le partecipazioni non indispensabili, ma anche e soprattutto, la riduzione del personale. Dal luglio 2015 a oggi, è stato riferito in assemblea, sono usciti da Veneto Banca 500 dipendenti (su 6.000) e 38 dirigenti, e sono stati tagliati gli stipendi di una trentina di manager. Non basta, perché gli esuberi si preannunciano ingenti, tanto che i sindacati sono già pronti a scendere in campo, anche se la sensazione è che la situazione, delicatissima per non dire drammatica, lascia pochissimo spazio alle rivendicazioni contrattuali. Le ex popolari venete sono un problema economico, politico e di sistema. L’obiettivo principale è salvarle e per centrarlo si farà di tutto.