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Funivia san domenico 700 1
DOMODOSSOLA- 25-03-2015- L'ennesimo balzello che grava sulla montagna e sul suo futuro turistico e' la decisione di far pagare l'Imu sugli impianti a fune, Formazza, San Domenico, Macugnaga, Vigezzo, Cheggio....tutte le stazioni sciistiche sarebbero così messe in croce con un nuovo salasso che rischierebbe di provocare il definitivo tracollo del settore turistico invernale, già tanto in crisi. Sulla questione, sollevata dopo una sentenza della Cassazione a Belluno da un ricorso presentato dall'Agenzia delle entrate contro una società proprietaria di funivie, interviene il presidente nazionale dei comuni di montagna, l'onorevole vogognese Enrico Borghi: "Mi auguro che la sentenza della Cassazione relativa all'obbligo per i gestori degli impianti di risalita di pagare l'Imu sugli impianti a fune sia una svista sulla quale è necessario un immediato intervento che chiarisca la situazione. Si tratta di una sentenza che condannerebbe la montagna a pagare l'ennesima volta un'imposta ingiusta, negando la funzione di natura pubblica degli impianti. Metterebbe in ginocchio centinaia di imprese del comparto della neve. Non possiamo permettere questa nuova imposta ai danni di chi lavora e investe sulla montagna". Così l'onorevole Enrico Borghi, presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della Montagna e presidente Uncem a seguito della sentenza 4541 della Corte di Cassazione riferita al ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro contro la società Funivia Arabba Marmolada - Sofma Spa. "La sentenza - evidenzia Enrico Borghi - ci preoccupa per diversi motivi. Obbligare a pagare l'Imu sugli impianti a fune, definiti di arroccamento e legati al comparto del trasporto pubblico almeno in Piemonte e in altre regioni alpine, crea un precedente pericoloso per tutto il sistema montagna italiano. Molti sindaci hanno già richiamato, nelle ultime ore, l'assurdità della sentenza accostando gli impianti a fune alle rotaie delle ferrovie. Di certo lo Stato non pagherebbe mai l'Imu sui binari. Le conseguenze sarebbero gravissime, ridicole. E così è per gli impianti di risalita". Secondo i giudici, infatti, nel caso di un impianto di risalita "funzionale alle piste sciistiche" non sussiste il presupposto del classamento catastale come "mezzo pubblico di trasporto". "Impropriamente - prosegue Borghi - viene scritto nella sentenza che l'impianto di risalita svolgerebbe una funzione esclusivamente commerciale di integrazione delle piste da sci e non sarebbe ipotizzabile, nemmeno parzialmente, un suo utilizzo come mezzo di trasporto pubblico. Così non è per moltissime Regioni che considerano gli impianti a fune assimilati al trasporto pubblico, come è corretto. L'Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna - conclude Borghi - si è immediatamente attivato per un chiarimento e per evitare che la sentenza blocchi di fatto l'intero comparto della neve, già colpito più di altri dalla crisi economica. Non abbiamo certo bisogno di ulteriori imposte, piuttosto di sgravi fiscali e burocratici sui quali stiamo lavorando, e faremo maggiormente nei prossimi mesi, d'intesa con le associazioni di categoria e del sistema turistico alpino e appenninico".