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VERBANIA – 14.05.2017 – Otto società coinvolte,

un crac da 200 milioni di euro (più della metà dei debiti con le banche), svariate centinaia di immobili soprattutto tra Vco e Genova e 350 promissari acquirenti. Sono queste le dimensioni del fallimento del gruppo Palese, piccolo impero del mattone costruito dall’architetto verbanese Osvaldo Palese sulle fondamenta gettate nel secondo dopoguerra dal padre Gisberto, muratore cottimista originario della Puglia, diventato impresario con il boom edilizio anni ’60 e scomparso nel 2009.

Nel 2015 il tribunale di Verbania ha dichiarato fallite – per alcune è pendente ricorso in Cassazione – le otto società del gruppo: Mediterranea, Villa Gavotti, Residenza Villa Gavotti, Imco, La Vela, Gisberto Palese, Intra 22 e Studio Dpm. Erano il cuore di una società che, soprattutto negli anni ’90, ha costruito tantissimo, a Genova e nel Vco. L’intero complesso di Villa Mussi a Baveno, tutta l’urbanizzazione della zona orientale di Intra in corso Cobianchi (palazzo Litta e palazzo Ranzoni); la residenza di via Ticino ex Fornaci; il palazzo Giotto in corso Mameli a Intra sono solo alcune delle grandi operazioni portate a termine da Palese.

Comprava, costruiva, vendeva e ricostruiva. Negli ultimi vent’anni in pochi hanno retto il ritmo degli investimenti di Palese, che però alla fine è stato travolto dalla crisi del settore, da un paio di grossi progetti incagliati e dalla grandissima esposizione bancaria, che è sotto la lente di ingrandimento anche delle autorità. Il costruttore era infatti beneficiario di mutui da decine di milioni di euro da parte di Carige, l’istituto di credito ligure il cui ex dominus, Giovanni Berneschi, sta attraversando traversie giudiziarie anche per le “generose” linee di credito.

Il fallimento, che è affidato ai curatori dello studio associato Riccardo Sappa, Alessandro Ambroso e Matteo Sanvito di Verbania (Sappa e Sanvito sono avvocati, Ambroso commercialista), lascia dietro di sé il buco con le banche, mette in crisi subappaltatori (anche artigiani) e fornitori, alcuni dei quali a loro volta travolti dall’onda come nelle tessere del domino, acquirenti che hanno pagato caparre senza vedersi consegnati gli appartamenti. I curatori in questi mesi hanno trattato accordi con quasi tutte le banche, messo mano alla parte contabile e censito tutti gli immobili che, adesso, iniziano a vendere per fare cassa e per cercare di soddisfare il più possibile i creditori insinuati.