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VILLADOSSOLA – 23-05-2017– “Quando date in mano

ai vostri figli uno smartphone gli aprite una finestra sul mondo. E da quella finestra entrano tutti. È per questo che non lo si può comprare a un ragazzino o a una ragazzina delle elementari: non sono in grado di utilizzarlo adeguatamente”. Antonio Castelli assistente capo, poliziotto esperto di internet, non usa mezzi termini nel parlare ai genitori dei rischi del web. L’agente ieri sera è stato uno dei relatori dell’incontro tenutosi all’istituto comprensivo “Bagnolini” sul tema del cyberbullismo. “Al web non interessa chi sei e quanti anni hai, ma solo i soldi che fai guadagnare con i click – ha detto –. Il web non dimentica niente perché quel che pubblichi resta per sempre. Al web si consegnano tutti i propri dati personali solo sottoscrivendo un account, altro che privacy”.
La rete come grande villaggio globale può provocare tragefie, come insegnano i recenti casi dei suicidi da “Blue whale”, il gioco splatter nato in Russia che tra mutilazioni e sfide estreme porta le vittime a togliersi la vita. “È una stupidata, ma attrae e diventa virale”. L’effetto amplificativo della rete è quello, per esempio, che ha portato l’adolescente novarese Carolina Picchio a suicidarsi perché gli amici avevano girato a sua insaputa e mentre era svenuta un video “compromettente” che, reso pubblico, le aveva riversato addosso centinaia di commenti malevoli. “Quello che si pubblica è per sempre – ha ribadito –. E non bisogna fidarsi di nessuno, inviare foto o video è un grosso rischio. E i genitori farebbero bene a informarsi e a controllare quello che fanno i figli, che non hanno alcuna privacy da tutelare”. Ma il web non è un male. “Esiste, non si può evitare e è assurdo pensare di chiuderlo perché ci sono abusi. In realtà è un mezzo meraviglioso che può fare cose straordinarie, come dimostrano i casi di giovani le cui idee, diffuse al mondo, hanno portato grandi risultati, successi e anche carriere brillanti. Bisogna solo saperlo usare”.
Pedofili, finti adolescenti, ricattatori… nel web le insidie sono latenti. “Riceviamo tante denunce, sempre più numerose – ha aggiunto la collega Marina Lanza, sovrintendente capo alla questura di Verbania – e spesso ci tocca ascoltare i racconti in lacrime dei genitori, che però sono i primi che dovrebbero agire e prevenire, e non solo perché sono responsabili penalmente, civilmente e amministrativamente di quel che fanno i figli minorenni. Il buon esempio deve venire da loro: invitiamo a non pubblicare le foto dei bambini su Facebook, e diffidiamo dall’abusare delle chat di whatsapp delle mamme, che spesso diventano insulti agli insegnanti”.