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bullismo ragazzo solo

VILLADOSSOLA – 24-05-2017 – Il bullismo l’ha conosciuto fin troppo bene,

vivendo l’assedio subito dal fratello Giuseppe e patendo anch’egli un’adolescenza infernale. Ma dal bullismo – nel suo caso dal cyberbullismo – Vincenzo Vetere è riuscito a affrancarsi e ora si impegna perché altri non vivano più il suo stesso incubo. Acbs, Associazione contro il bullismo scolastico, è il nome dell’associazione fondata a Magnago, nel Milanese, da Vincenzo insieme a Giuseppe e a altri amici. Un’associazione che porta nelle scuole le testimonianze, i racconti e i progetti dei fratelli Vetere e che ieri ha fatto tappa all’istituto comprensivo “Bagnolini” di Villadossola. “Il primo a essere bullizzato è stato mio fratello più grande Giuseppe – ha raccontato Vincenzo –. Lo chiamavano lo sfigato, lo picchiavano, lo deridevano, gli rendevano la vita un inferno. È stato così per tutti gli anni di scuola e nessuno ha fatto niente. Tutti stavano zitti e quando s’è ribellato, aggredendo un bullo e mordendo la mano di un’altra bulla, è passato dalla parte del torto, obbligato a andare dallo psicologo. Dopo le medie ha resistito fino ai sedici anni, poi non ce l’ha fatta più e ha dovuto smettere di studiare”.
Vincenzo s’è portato appresso l’eredità di famiglia. “Ero il fratello dello sfigato e se la sono presa anche con me. Io, più che violenze fisiche, subivo il cyberbullismo. Su internet me ne hanno scritte di ogni e la pubblicità data dal web ha esteso questa etichetta anche al di fuori della scuola. Pochi giorni prima di compiere 18 anni, per lo stress ho perso quasi tutti i capelli. Sono andato a scuola con il cranio rasato e mi hanno tacciato di essere un malato terminale”. Vincenzo ha saputo tenere duro, ha superato quegli anni difficili e un giorno, appresa la notizia che una giovane vittima s’era suicidata gettandosi nel vuoto, ha deciso di agire. “Mi sono chiesto perché tutti lo sanno e nessuno fa niente. E così ho aperto l’associazione. Offro la mia esperienza personale, un’occasione per confidarsi, posso dare qualche consiglio”. Lo strumento per avvicinare le vittime del bullismo, paradossalmente, è lo stesso web anonimo dietro il quale i bulli lo angariavano. “All’inizio è sempre difficile aprirsi e parlare: farlo nell’anonimato è un buon sistema. Io stesso non ne ho mai parlato con i miei genitori: è un mio cruccio”.
A mamme e papà Vincenzo consiglia di prestare attenzione a comportamenti strani e perduranti, a mostrarsi sereni per infondere sicurezza ai figli, a interessarsi e controllare anche i loro dispositivi elettronici, a agire segnalandolo il bullismo ai professori, ai presidi e, se non basta, a andare dalle autorità e sporgere denuncia.
Ai figli, che sono di poco più giovani di lui, cerca di spiegare i pericoli di internet e dei social. “Strumenti molto potenti che vanno usati con attenzione e intelligenza perché possono fare danni gravissimi”.
Una riflessione va anche alla scuola e alla società. “È sbagliato che le famiglie demandino l’educazione alla scuola e ai professori. L’educazione si impara a casa. La gravità del bullismo e del cyberbullismo non sono i bulli, perché spesso alla fine sono ragazzi che hanno problemi, ma tutti quelli che assistono in silenzio e non sanno o non vogliono intervenire”.