VERBANIA – 24.06.2017 – L’ancora di salvezza
si chiama Intesa San Paolo. Ma, come ciambella gettata nel mare agitato dei correntisti di Veneto Banca, non si sa ancora se, chi e quanti salverà. Già in settimana, nel tourbillon di trattative per salvare le banche venete, il colosso italiano (il primo per dimensioni, che ha circa il 15% del mercato nazionale del credito) aveva dato al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan la disponibilità a essere parte attiva del piano che dovrà essere messo a punto tra oggi e domani al massimo, per essere pronto lunedì all’apertura degli sportelli e dei mercati.
In linea di massima l’idea è quella di prendere tutti gli ingenti crediti deteriorati di Veneto Banca e popolare di Vicenza e dirottarli in una nascente “bad bank” garantita da fondi statali; mantenere clientela e attività “buone” da cedere a un terzo soggetto, che in questo caso pare possa essere solo Intesa.
Ciò che fa la differenza, al di là del piano, sono i dettagli, che devono rispondere a alcuni interrogativi. Il primo è: che fine fanno soci e obbligazionisti? Avranno queste due categorie un’ulteriore perdita o verranno rimborsati?
Il secondo, che ha una valenza meno importante sul piano assoluto, ma è decisamente rilevante in chiave locale è: e i dipendenti? Solo tre mesi fa il sindaco di Verbania Silvia Marchionini rassicurava sul mantenimento dei posti di lavoro in loco della ex popolare di Intra. Oggi, a crisi definitivamente consumata, i tagli al personale sono una variabile che nell’equazione di salvataggio viene calcolata per ultima e che ha scarsi margini di trattativa: si faranno e non potranno essere discussi perché si è arrivati – peraltro all’ultimo minuto, come quasi sempre si fa in Italia per i problemi e le crisi di qualsiasi tipo – al prendere o lasciare. I circa 300 dipendenti ex Intra che lavorano nella ventina di filiali del Vco si interrogano su quale sarà il loro futuro e attendono gli eventi.