ROMA – 26.06.2017 – Veneto Banca e popolare di Vicenza
sono morte. Decotte, coi conti in rosso, squassate dalle svalutazioni e al centro di esposti e inchieste, i grandi malati del credito italiano sono stati letteralmente liquidati in un fine settimana. Dalla chiusura dei mercati (venerdì sera) all’annuncio del Decreto legge che mette in sicurezza clienti e obbligazionisti (ieri sera), in quarantotto ore – a mercati chiusi, per avere meno effetti collaterali possibili – s’è consumata e risolta una crisi che poteva squassare l’intero settore bancario italiano.
Le decisioni prese per la liquidazione ordinata delle due banche sono contenute nel testo che sarà meglio conosciuto oggi nel dettaglio. L’impalcatura è il commissariamento delle società, il trasferimento al prezzo simbolico di 1 euro degli istituti a Intesa San Paolo, ingenti fondi statali per garantire il capitale, l’avvio della “pulizia” nei conti per restituire a una bad bank i crediti deteriorati. Il conto, infatti, lo paga lo Stato che versa subito 5,2 miliardi a Intesa per garantire che il patrimonio non risenta degli effetti negativi dei pesanti debiti delle venete e per gestire gli esuberi. Al conto vanno aggiunti una decina abbondante di miliardi che serviranno a garantire le sofferenze, che poi finiranno nella famosa bad bank per essere cedute portando, si spera, a rientrare parzialmente.
Al risveglio, stamane, un milione circa di correntisti, gli azionisti e obbligazionisti e i circa 11.000 dipendenti si sono trovati in un mondo nuovo, nel quale – almeno nell’immediato – cambia poco. Per questi attori la liquidazione ordinata ha effetti diversi. Per i correntisti nulli: i depositi sono assicurati, l’operatività sul conto pure, prestiti e mutui restano così come erano. Per gli azionisti la situazione è diversa: il capitale è stato azzerato e quel poco che era rimasto dopo le svalutazioni non esiste più. Per gli obbligazionisti privati, che detengono obbligazioni senior, invece, lo Stato rimborserà l’80% e Intesa s’è impegnata a aggiungere il restante 20%. Per gli obbligazionisti istituzionali, invece, vale il discorso degli azionisti: tutti euro in fumo. Per i dipendenti, al di là della certezza di avere un posto di lavoro che, venerdì, non era così scontata in caso di bail in, s’attendono tagli e esuberi.