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MONTEBELLUNA – 27.06.2017 – Il giorno dopo l’addio

a Veneto Banca e l’avvento di Intesa San Paolo, negli uffici e nelle filiali non ci sono stati problemi, o quasi. I dipendenti trasferiti su due piedi in capo a Intesa hanno ricevuto un sms di benvenuto. I clienti e correntisti hanno operato con regolarità. Meno sereni sono gli azionisti e i detentori delle obbligazioni, comprese quelle in scadenza a giorni il cui pagamento è stato rinviato di sei mesi. Tra gli azionisti uno, nella sede di Montebelluna, lunedì mattina è stato protagonista di una protesta vibrata, ai limiti della tragedia. Presentatosi in banca ha minacciato il suicidio dicendo di essere stato rovinato dall’istituto e, con la sua presenza, bloccando l’attività di sportello.

Intanto, mentre gli ex vertici di Veneto Banca e popolare di Vicenza esprimono il rammarico per la decisione della vigilanza della Bce di accelerare verso lo show-down dichiarando l’insolvenza delle due società e aprendo la strada all’arrivo di Intesa San Paolo, gli stessi management hanno diffuso i dettagli del piano, fallito, per accorpare i due istituti. Un piano che passava da 4,7 miliardi di ricapitalizzazione (negata dall’Europa), rettifiche per 2,7 miliardi, cessione dei crediti a più alto riscio e da tagli drastici. “Tiepolo”, questo il nome dato all’operazione, avrebbe visto uscire 3.900 degli 11.000 dipendenti (1.500 con la cessione degli asset) e la chiusura del 37% delle filiali (da 974 a 617). Il 2017 e il 2018 sarebbero stati anni di sacrificio, ma dal 2019 sarebbe tornato l’utile.