VERBANIA – 18.07.2017 – Le prigioni dell’ex Palazzo Pretorio
di Intra resteranno al Comune. Così ha deciso la seconda sezione del Tar Piemonte che ha deciso a favore di Verbania il ricorso presentato l’anno scorso dai due privati che s’erano aggiudicati all’asta i 49 metri quadrati dell’ex negozio affacciato su piazza San Vittore.
La vicenda, che aveva avuto ampia eco mediatica e che aveva causato anche le dimissioni di Davide Lo Duca e Riccardo Brezza, rispettivamente segretario cittadino e capogruppo del Pd, era nata con il bilancio 2016 e la decisione di vendere quei locali all’asta. La contrarietà di alcuni gruppi di minoranza, con in testa Comunità.vb e l’ex assessore all’Urbanistica Marco Parachini, aveva fatto breccia non solo nell’opinione pubblica (fu avviata una petizione), ma anche in parte del Pd, che s’era spaccato. Il sindaco Silvia Marchionini aveva promesso un passo indietro, ma l’asta s’era tenuta ugualmente, avevano vinto due commercianti intresi e s’era proceduto con l’aggiudicazione provvisoria. Le liti interne al Pd avevano portato la giunta a deliberare la revoca, poi ratificata dal dirigente, motivata dal sopraggiunto interesse pubblico e dalla richiesta del Parco Nazionale Val Grande di avere una “vetrina” in città.
A quel punto gli aggiudicatari s’erano rivolti al Tar sostenendo che a) la giunta non avesse il potere di cambiare decisione, b) la mancanza di interesse pubblico sopraggiunto, c) non c’era motivo per cui l’aggiudicazione provvisoria non diventasse definitiva.
Il giorno dopo l’udienza dell’istanza cautelare, nel luglio 2016, il Consiglio Comunale era intervenuto con una delibera che revocava il piano delle alienazioni, confermava la delibera di giunta e dichiarava l’interesse pubblico. Questa delibera, che i giudici del Tar definiscono una “sanatoria”, ha orientato la causa e salvato il Comune. Tra le motivazioni che respingono il ricorso, infatti, c’è proprio questo atto, ma anche il principio giuridico – rimarcato dal Tar – che se l’aggiudicazione è provvisoria non c’è un diritto acquisito da tutelare. Anche se “sembra di percepire che l’amministrazione non abbia ancora le idee sufficientemente chiare su quale concreta destinazione pubblica imprimere al bene – scrivono i giudici – (…) ciò, però, non configura, come ritiene la parte ricorrente, un profilo di illegittimità del provvedimento impugnato”.
I giudici hanno anche riconosciuto “che nei mesi successivi la questione della ‘vendita di Palazzo pretorio’ ha continuato a tenere banco sia negli scranni consiliari (e in seno agli stessi gruppi di maggioranza), sia nella cittadinanza (con raccolte di firme a sostegno della volontà di ‘non procedere alla vendita’), sia sugli organi di stampa, a conferma del fatto che la decisione di alienare l’immobile continuava a suscitare profonde perplessità in ampi strati della cittadinanza e della rappresentanza politico-amministrativa”.
In virtù dei “giusti motivi” e delle ragioni riconosciute anche al privato, la Corte ha però deciso di compensare le spese legali: ciascuna delle due parti pagherà le proprie.