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VERBANIA – 23.07.2017 – Sono un piccolo esercito

che negli anni s’è andato ingrossando di pari passo con la crisi economica e nonostante il clima ostile d’oltreconfine. Un esercito fatto soprattutto di operai specializzati, artigiani e tecnici che ogni mattina si alza all’alba, percorre la dissestata e ignorata statale 34 per lavorare in Svizzera e rientrare la sera. Quel piccolo esercito dei “frontalieri” a Verbania città conta (il dato è riferito al 2015) 1.455 persone dalle cui trattenute in busta paga effettuate all’estero tornano indietro – passando per Roma in quelli che vengono definiti “ristorni fiscali” – oltre 1,7 milioni. È questa l’entità del “tesoretto” che produce questa categoria di lavoratori, una risorsa imprescindibile per il benessere economico della città (ma anche dei comuni dell’alto Verbano e delle province di Varese e Como) che non sempre viene tenuta nella giusta considerazione. Di quella somma introitata da Verbania, che l’ha accertata ufficialmente in questi giorni e che nel Consiglio comunale del 31 luglio la inserirà nell’assestamento di bilancio, poco più di 400.000 euro vanno in parte corrente, cioè nelle spese generali. Gli altri fondi, 1,3 milioni, sono destinati a opere pubbliche, nessuna specifica per i frontalieri che da anni lamentano e denunciano le pessime condizioni della litoranea del Lago Maggiore. Su di loro, però, incombe anche un grosso interrogativo sul futuro. La convenzione con la Confederazione elvetica siglata nel 1974 e rimasta vigente per oltre quarant’anni è stata di recente rivista tra i due governi e attende di essere ratificata dal parlamento italiano. I nuovi termini dell’accordo, se confermati, penalizzerebbero i frontalieri, che in un arco di tempo medio-breve vedranno il guadagno scendere per via dell’allineamento alla tassazione italiana. E anche i comuni avranno nuove regole per l’incasso dei ristorni che, è il timore, in futuro potranno restare a Roma in misura maggiore di quanto accada oggi.