VERBANIA – 19.08.2017 – La proprietà ha rinunciato al ricorso,
la causa s’è chiusa e il recupero della Colonia Motta s’è fatto molto più lontano. Al Tar del Piemonte lo scorso 12 luglio è stato probabilmente scritto l’ultimo capitolo del progetto di riqualificazione della vecchia casa vacanze edificata a Suna dalla Edison per i propri dipendenti negli anni ’20, finita in disuso e rimasta ormai da decenni un luogo abbandonato al degrado avanzante.
Quasi quindici anni fa su quella proprietà aveva messo gli occhi Marcello Gabana, imprenditore bresciano che dalla lavorazione di inerti e cemento avviata negli anni ’60 aveva creato un gruppo attivo anche nello sport (era il patron della storica Gabeca Montichiari di A1 maschile) e nel ramo immobiliare. Attraverso la società Interlaghi, Gabana aveva iniziato il lungo iter per un moderno complesso turistico, un residence fino a 1.000 posti letto tra albergo, villette, bar-ristorante, spa, piscina e centro sportivo.
Il primo scoglio da superare era la collocazione dei volumi degli edifici che, dislocati a mezza costa tra il lago e il lato meridionale del Monterosso, avrebbero avuto un certo impatto ambientale, poi risolto. Ma è stato proprio l’aspetto paesaggistico è quello che, a un certo punto, aveva fatto arenare il progetto spingendo la proprietà – nel frattempo passata di mano da Gabana, morto in un incidente d’elicottero nel 2009, proprio mentre lasciava la Colonia Motta per Brescia, alle figlie – a ricorrere al Tar per chiedere di annullare il vincolo che la Soprintendenza aveva apposto sugli edifici originari obbligando, per qualsiasi progetto di ristrutturazione, a mantenerli nei profili sagome attuali. La scomparsa del capostipite e questa limitazione al progetto, intervenuta oltretutto in un momento di congiuntura negativa per il settore edilizio, avevano ulteriormente frenato il progetto. Ora che di fronte al Tar la proprietà ha rinunciato al ricorso avviato nel 2012 – la sentenza di improcedibilità è stata pubblicata l’altro ieri – la Colonia Motta rischia di sprofondare nell’oblio, fiaccando le speranze di recupero.