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diga alaco

VIBO VALENTIA – 20.08.2017 – C’è anche un po’ di Verbania

nell’acqua che sgorga dai rubinetti della provincia di Vibo Valentia. Dopo un’attesa di oltre sessant’anni, lavori costosi, scandali e polemiche, la ditta dell’Alaco e il suo impianto di potabilizzazione sono pronti, pienamente operanti e garantiti. Nei giorni scorsi il competente dipartimento del ministero delle Infrastrutture ha informato la Regione Calabria dell’avvenuto collaudo di questa attesa e discussa opera pubblica che fornisce acqua a 88 comuni calabresi, perlopiù nel territorio della provincia di Vibo Valentia. Tra gli enti preposti ai controlli c’è anche il Cnr di Pallanza, istituto specializzato in idrobiologia, che si aggiunge a società pubbliche e private di Calabria e Puglia.

La storia della diga dell’Alaco inizia negli anni ’50, quando viene concepita l’idea di un grande impianto idraulico da finanziare tramite la Cassa del Mezzogiorno. Si tratta di un’opera imponente e ritenuta strategica. Alta 51 metri, larga 178, la diga crea nella fiumara Alaco un bacino (il lago di Lacina) da oltre 35 milioni di metri cubi d’acqua. I lavori si concludono, tra interruzioni, varianti e oltre 140 miliardi di lire spesi (con annesse indagini della Corte dei conti), nel 2002. Ma i problemi non sono finiti perché l’acqua non sempre è potabile. I sindaci emettono ordinanze che ne vietano il consumo e viene aperta un’indagine su Sorical, il gestore – società mista pubblico-privato – che ha in carico l’acquedotto. Si avviano nuovi interventi e è in questa fase che il Cnr è chiamato a controllare e certificare. Con successo perché, come accertato dal ministero, l’impianto da pochi giorni è collaudato e funzionante.