TRONTANO- 09-09-2017- Nel 1307, ovvero 710 anni fa,
in questi giorni, veniva catturato ed ucciso sul monte Rubello, vicino a Biella, Frà Dolcino, il predicatore apostolico di origine ossolana, ostile a Roma e a papa Bonifacio VIII. In quel luogo è stato eretto un cippo, ed ogni anno un folto gruppo di persone, “Dolciniani”, vi ritorna in ricordo e per rinnovare i suoi ideali. Frà Dolcino è citato anche da Dante nella Divina Commedia, nel canto ventottesimo dell'Inferno, ove sono puniti i seminatori di discordie. Parlando con Maometto Dante dice: "Di' a Fra Dolcin che si armi di vettovaglie, se non vuole raggiungermi presto, che sarà bloccato nella neve. Se non lo fa recherà una facile vittoria al vescovo di Novara, vittoria che altrimenti sarebbe tutt'altro che facile". Le notizie storicamente accertate sulla figura e l'opera di Dolcino sono poche e incerte e le fonti sono prevalentemente di parte avversa ai dolciniani. Secondo alcune di esse il suo vero nome era Davide Tornielli. Il suo effettivo luogo di nascita è sconosciuto, così come la data di nascita. Si suppone tuttavia che sia nato nell'alto novarese, il cognome Tornielli sarebbe originario di Romagnano Sesia, ma la tradizione popolare lo vuole ossolano, una antica torre, nel territorio di Trontano, porta quel nome. Alcune ricostruzioni posteriori, per squalificarne la nascita, sostennero che Dolcino fosse il frutto dell'unione di una donna del posto con un prete, forse il parroco di Prato Sesia. Nel 1291 Dolcino entrò a far parte del movimento degli Apostolici, guidato da Gherardo Segalelli. È dubbio in tal senso come la definizione di "frate", con cui spesso anche Dolcino viene definito, debba essere intesa, perché non si è affatto sicuri che egli abbia mai pronunciato voti religiosi: si limitò forse ad autodefinirsi "fratello" nell'ambito del movimento ereticale. Gli Apostolici, in sospetto di eresia e già condannati da papa Onorio IV nel 1286, furono repressi dalla Chiesa cattolica e il Segalelli fu arso sul rogo il 18 luglio 1300. La predicazione di Dolcino si svolse anzitutto nella zona del lago di Garda, con un soggiorno accertato presso Arco di Trento. Nel 1303, predicando nei dintorni di Trento, Dolcino conobbe la giovane Margherita Boninsegna nativa di Cimego, donna che i cronisti posteriori, per sottolinearne il fascino in qualche modo perverso, concordano nel definire bellissima. Margherita divenne la sua compagna e lo affiancò nella predicazione. Dolcino si rivelò dotato di grande fascino e comunicativa e, sotto la sua guida, il numero degli Apostolici riprese a crescere. Si attirò le ire della Chiesa per i contenuti della predicazione, apertamente ostile a Roma e a papa Bonifacio VIII, di cui profetizzava la prossima scomparsa. Durante gli spostamenti effettuati in Italia settentrionale per diffondere le proprie convinzioni e accrescere il numero dei seguaci, Dolcino e i suoi furono ospitati tra il Vercellese e la Valsesia. Qui, a causa delle severe condizioni di vita dei valligiani, le promesse di riscatto dei dolciniani furono accolte positivamente. Per questo, dopo un breve ritorno nel Bresciano, approfittando del sostegno armato offerto da Matteo Visconti, nel 1304 Dolcino decise di occupare militarmente la Valsesia e di farne una sorta di territorio franco dove realizzare concretamente il tipo di comunità teorizzato nella propria predicazione. Dolcino si stanziò per un lungo periodo nella località denominata Parete calva situata presso Rassa. Di qui, il 10 marzo 1306, tutti i seguaci, denominati anche gazzari, abbandonati dal Visconti, si concentrarono sul Monte Rubello sopra Trivero (poco distante dal Bocchetto di Sessera, nel Biellese), nella vana attesa che le profezie millenaristiche proclamate da Dolcino si realizzassero. Contro di loro fu bandita una vera e propria crociata, proclamata da Raniero degli Avogadro vescovo di Vercelli e che coinvolse anche milizie del Novarese. I dolciniani resistettero a lungo, ma infine, provati dall'assedio e dalla mancanza di viveri, che la popolazione locale, divenuta oggetto di vere razzie, non poteva né voleva più fornire loro, furono sconfitti e catturati nella settimana santa del 1307. Quasi tutti i prigionieri furono passati per le armi; Dolcino, processato e condannato a morte, fu giustiziato dopo avere assistito al rogo di Margherita e del suo luogotenente Longino da Bergamo.