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anestetico dentista generico
VERBANIA – 15.07.2015 – Doveva essere una prova,

una sperimentazione per vedere se quel servizio e quel macchinario erano efficaci e potevano essere acquistati e utilizzati dal suo studio dentistico per i pazienti. In realtà è stata un tragedia, che ha costretto all’invalidità una ragazza di 35 anni. Un odontecnico donna di uno studio del Vco si trova dal 4 novembre del 2010 in condizioni di disabilità, con una gamba inservibile e un’invalidità accertata del 46%. Non può più lavorare se non seduta e con estrema difficoltà, ha bisogno di essere accompagnata quasi ovunque e non può guidare se non un’auto speciale, con comandi adatti.

Per quell’incidente sono sotto processo, a Verbania, Massimo Montorfano e Paolo Bertozzi, rispettivamente un venditore e il titolare della ditta produttrice dell’apparecchio. Sono accusati di lesioni colpose e, per il primo, anche di esercizio abusivo della professione medica. Montorfano quel giorno si recò nel Vco per illustrare le potenzialità del loro prodtto. Nello studiò incontro la ragazza, che si offrì per una dimostrazione. Indossò la mascherina e iniziò a respirare protossido d’azoto – l’anestetico, quello che volgarmente si chiama gas esilarante (ma di esilarante, in questa vicenda, non c’è nulla) – misto a ossigeno. La donna accusò subito effetti collaterali e si rese conto di non poter più muovere la gamba, che s’era paralizzata per via di un successivamente accertato danno metabolico. Esami e diagnosi confermarono che la funzionalità non poteva più essere recuperata. Si scoprì anche che quell’effetto collaterale è causato da una mutazione genetica di un enzima (in gergo medico Mthfr) presente in un consistente campione della popolazione. Una mutazione della quale l’odontotecnico era del tutto all’oscuro. Un rischio, così sostiene l’accusa, che non era stato pienamente dichiarato dall’azienda.

Da qui il processo penale che vede imputati il legale rappresentante dell’azienda produttrice, che ha sede a Parma, e il responsabile commerciale che proposte il prodotto. Parallelamente a questo sta procedendo, nella sezione civile, una causa di risarcimento danni.

Oggi in aula hanno parlato i consulenti tecnici. Quello dell’accusa ha confermato che il danno alla donna è stato causato dal protossido d’azoto, mentre quello della difesa ha spiegato che di norma le intossicazioni non colpiscono un arto intero. Di fronte alla domanda del pm che gli ha chiesto che cosa avesse determinato la paresi, non ha fornito una chiara spiegazione.  

Ha quindi testimoniato un dipendente dell’azienda fornitrice che ha precisato come il test con il miscelatore fosse da tenersi rigorosamente da parte di personale formato e addestrato. Il giudice Luigi Montefusco ha aggiornato l’udienza al 21 ottobre.