VERBANIA – 01.08.2015 – Mentre i sindaci protestano,
l’azienda annuncia il raddoppio dell’utile e si prepara alla quotazione in Borsa. È questo il paradosso di Poste Italiane, che il governo vuol mettere “a reddito” e che, nel suo piano di razionalizzazione, chiude le filiali e riduce gli orari di sportelli e recapito. I tagli sono la logica conseguenza dell’obiettivo imprenditoriale dato all’ex carozzone statale e perseguono le politiche governative. Ma non piacciono al territorio e, soprattutto, ai sindaci dei piccoli comuni – anche di montagna – che vedono ancora nell’ufficio postale un caposaldo sociale, un punto di erogazione dei servizi per i cittadini che, altrimenti, non avrebbero altre opportunità. Non è un caso che ieri pomeriggio, sotto la direzione provinciale di Poste Italiane – in corso Europa, a Pallanza – tra i primi a protestare contro il piano regionale che chiuderà lo sportello di Carciano e ridurrà le aperture a Antrona, Bée, Cossogno, Macugnaga, Miazzina, Premeno, Omegna, Massiola e Quarna Sopra ci sia stata una decina di sindaci.
Con la fascia tricolore si sono uniti ai sindacati e hanno espresso il loro no a un’operazione che era partita in aprile, era stata congelata per due mesi e che sembrava potesse ridursi con l’intervento della Regione, la cui mediazione ha concesso solo piccole deroghe, trovando la contrarietà dei sindaci e, a ruota, della Provincia. Il Vco ieri non era rappresentato ma è stata delegata la lettura di un documento al vicesindaco di Verbania Marinella Franzetti.
Battaglieri gli altri primi cittadini, come quello di Bée Alessandro Borella o quello di Cossogno Doriano Camossi, o come quello di Antrona Claudio Simona, che nonostante nella trattativa abbia strappato qualche concessione per il suo comune, resta allineato al fronte di chi si oppone al piano e rivendica la specificità montana come valore da applicare.
La protesta di ieri ha avuto un valore simbolico ma difficilmente sortirà qualche effetto, a meno che – come suggerito da qualcuno – non si provi la strada del ricorso al Tar.