VERBANIA – 08.08.2015 – Il lago non sempre restituisce
chi inghiotte. Il bacino del Lago Maggiore, 212 kmq di superficie e una profondità massima di 370 metri, è ampio, con le coste scoscese, dotato di forti correnti. E pericoloso. È raro che capiti una stagione balneare in cui si non prende la vita di qualcuno, come accaduto nelle ultime settimane a Verbania a Mohamede Konate e a Renato Casarotti. E a volte capita che diventi una tomba. È il caso del verbanese Damiano Citton. Il 3 ottobre del 2009 l’infermiere del 118, che allora aveva 47 anni, era uscito sul lago con il suo gommone. Il natante fu trovato vuoto nelle vicinanze di Ghiffa. Le ricerche non sortirono alcun effetto e nel gennaio 2013 il tribunale di Verbania ne dichiarò la morte presunta. Il luglio successivo sembrò che il giallo potesse essersi risolto con il ritrovamento di una salma. La rinvennero con mezzi elettronici i vigili del fuoco che stavano cercando un anziano caduto dal traghetto. I successivi rilievi esclusero che si trattasse di Citton.
Da tredici anni il lago conserva invece i resti di Antonio Cabra, il postino di Biella che nell’agosto del 2002 soggiornava in un campeggio di Fondotoce. Uscito per una gita in motoscafo e mai rientrato, venne a lungo cercato dai soccorritori, che trovarono il natante alla deriva e con le chiavi inserite nei pressi di Baveno. Dell’uomo nessuna traccia.
Quale possa essere la forza delle correnti del Lago Maggiore lo si vide nell’ottobre del 2006, quando una frana di acqua e fango si staccò dal versante montuoso sovrastante la strada provinciale di Aurano e travolse l’auto su cui viaggiavano due dottoresse dell’Auxologico. Cinzia Miscio e Simonetta D’Alisa morirono. Il corpo della prima rimase impigliato nel greto del torrente San Giovanni, quello della seconda affiorò tre giorni più tardi a Ispra, a decine di chilometri di distanza.
In altre circostanze, però, le ricerche dei vigili del fuoco sono state fruttuose. Come nel caso di Fadel Yabre, 17enne del Burkina Faso annegato a Castelveccana, nel Varesotto, il 23 giugno 2010 e il cui corpo fu scoperto tre giorni dopo dal robot dei pompieri a 70 metri di profondità.
Due giorni servirono ai sommozzatori dei vigili del fuoco per recuperare, nel 2011, la salma di Jan Doek, turista olandese di 44 anni annegato a Maccagno, sulla sponda lombarda del Lago Maggiore. Anche in questo caso fu decisiva la tecnologia perché il corpo s’era inabissato sino a 91 metri.
Nel golfo Borromeo, tra Pallanza e Stresa, le correnti puntano verso la sponda lombarda, tra Ranco e Ispra. Lì, il 30 maggio 2008, fu trovato il corpo di Reiner Goller, turista in campeggio sul Verbano che era scomparso durante un’escursione su una canoa gonfiabile.
Sotto la superficie del Verbano è rimasto per tre anni, nascosto al mondo, Andrea Macchi. Era il marzo del 2000 e il 32enne cuoco di Premosello Chiovenda sparì nel nulla. Le indagini passarono al setaccio la sua vita privata, si fecero ipotesi e illazioni e intervenne anche una troupe della trasmissione “Chi l’ha visto?”. Fu dipinto come un sordido mistero ma, in realtà, il giovane era morto in un banale incidente d’auto, piombando dalla statale 34 nelle acque tra Ghiffa e Verbania, dove le ricerche si concentrarono quando, tre anni più tardi, a causa della “magra” del lago affiorò su una spiaggia la targa della sua Audi.
Sempre lungo quella costa, ma a Cannobio, a sei mesi di distanza dal loro suicidio, le autorità ripescarono l’A112 a bordo della quale i coniugi Francesco e Franca Moro, 51 e 41 anni nel 1996, s’erano gettati nel lago perché oberati dai debiti. Di loro s’erano trovati solo i documenti d’identità, avvolti in un sacchetto lasciato sul molo di Cannobio. La magistratura aveva ipotizzato che fossero fuggiti all’estero.
Dopo dieci anni e con un fascicolo ancora aperto alla Procura di Verbania per il reato di omicidio, non s’è riusciti a spiegare per quale motivo il corpo di don Valentino Moretti, anziano parroco di Solcio di Lesa, fu trovato a galleggiare – nell’aprile 2005 – nelle vicinanze delle Isole Borromee. L’autopsia disse che il religioso venne gettato in acqua già privo di vita, con la probabile intenzione di farne sparire il corpo. Ma in quel caso, evidentemente, il lago non volle contribuire a alimentare un mistero (la scomparsa), più grande del già intricato mistero (l’assassinio) di don Valentino.
Ha invece assunto i contorni di una “caccia al tesoro” la ricerca della mototorpediniera T19 Locusta. Il mezzo della Regia Guardia di finanza in servizio a Cannobio affondò a causa del maltempo la sera dell’8 gennaio 1896 (a bordo vi erano dodici persone) nel braccio di lago tra il centro dell’alto Verbano piemontese e Maccagno. Da allora in tanti l’hanno cercata, ma nessuno l’ha individuata, né riportata a galla. A differenza del battello Milano, che attraversava il lago con a bordo soldati della Rsi e, mitragliato da aerei Alleati nel 1944, s’inabissò sotto il colle della Castagnola, dove proprio il robot dei vigili del fuoco l’ha ripreso nel 2007.