VERBANIA – 18.08.2015 – L’assistenza e l’accoglienza
sono anche un business. Inutile nasconderlo, a prescindere da chi lo svolge e da ogni convinzione personale (politica e non) la presenza sul territorio di profughi genera fatturato e un piccolo indotto di posti di lavoro tra impieghi diretti (educatori, sorveglianti, addetti alle pulizie, cuochi) e indiretti (fornitori di servizi). Se proviamo a quantificarlo in un anno arriviamo a più di 4 milioni di euro per la nostra provincia.
Come si giunge a questa cifra, che è una stima di massima, è presto spiegato. Attualmente nel Vco sono attivati – e tutti occupati – 291 posti di accoglienza. Li gestiscono i Consorzi dei Servizi sociali di Verbano e Ossola, i comuni di Domodossola e Omegna; la cooperativa InOpera, il Gruppo Abele e l’istituto Sacra Famiglia a Verbania. Agli enti pubblici sono riconosciuti 30 euro al giorno; le altre società hanno presentato un’offerta superiore. Il Gruppo Abele è quello più “caro” con 34,82 euro al giorno, seguito dalla Sacra Famiglia (33,60 euro) e dalla coop romana InOpera (33,10). Moltiplicando i posti assegnati per queste somme si arriva a circa 9.100 euro al giorno, che proiettati sui 365 giorni dell’anno portano il totale a più di 3,3 milioni di euro. Ai quali va aggiunta l’Iva, che vale più di 700.000 euro e che porta il fatturato annuo dell’assistenza oltre i 4 milioni di euro.
A fronte di questi incassi ci sono le spese. Cioè l’affitto – se la struttura non è di proprietà, come per esempio l’ex Polstrada gestita da InOpera – e le spese vive: le pulizie, i materiali di consumo, il personale, le assicurazioni, i trasporti, le erogazioni economiche… Si può quindi parlare, a tutti gli effetti, di una attività economico-imprenditoriale che, nel complesso e rapportata al Vco, vale come una fabbrica di medio-grandi dimensioni.