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VERBANIA – 11.03.2019 – La richiesta che ha avanzato

il sostituto procuratore Sveva De Liguoro è, per tutti i sei indagati, la medesima: rinvio a giudizio. È stata fissata per lunedì 10 giugno davanti al gup Beatrice Alesci l’udienza preliminare del processo per la frana che, piombata sulla statale 34 il 18 marzo 2017, colpì una moto e un’auto in transito uccidendo il 67enne farmacista italo-svizzero Roberto Rigamonti, e ferendo una coppia di fidanzati che rientrava dal Ticino.

Sei gli imputati: il sindaco di Cannobio e presidente dell’Unione dei comuni del Lago Maggiore Giandomenico Albertella; i manager di Anas Valter Bortolan, Raffaele Celia e Nicola Montesano; i fratelli Ruggiero e Susanna Scheller, proprietari del terreno sovrastante la strada dal quale, in località Puncetta di Cannobio, si staccarono 90 metri cubi di rocce e detriti.

I reati contestati, tutti di natura colposa, sono tre: frana, omicidio e lesioni personali. Le parti offese identificate dalla Procura sono la moglie e il figlio di Rigamonti e i due fidanzati che occupavano l’auto colpita dai massi. Tutti potrebbero costituirsi parte civile, così come non è da escludere che lo facciano coloro che furono danneggiati dalla frana e dai suoi effetti (la prolungata chiusura dell’arteria internazionale): frontalieri, commercianti, esercenti…

L’indagine coordinata dal pm De Liguoro e condotta dai carabinieri di Cannobio è partita il giorno stesso dell’incidente. L’accusa è stata costruita sulle relazioni dei geologi che ispezionarono la parete rocciosa nell’immediatezza, segnalandone la pericolosità –che oggi perdura su un ampio fronte– peraltro già nota in passato dai sindaci del Verbano, che in anni diversi avevano commissionato studi e progetti preliminari di messa in sicurezza. Ad Albertella (che è candidato sindaco a Verbania per Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia e comparirà dal gup il giorno dopo il ballottaggio delle Comunali 2019) vengono contestate l’inerzia come sindaco nel non aver verificato l’adempimento alle ordinanze di pulizia dei versanti che egli stesso aveva emanato; e l’inerzia come presidente dell’Unione nell’avanzare i progetti di messa in sicurezza giacenti dal 2015.

I tre ingegneri di Anas, società che ha in gestione la strada, sono coloro che all’epoca rivestivano le figure apicali sul territorio e che avevano il potere di intervenire, anche chiudendo o limitando la circolazione.

I proprietari devono rispondere della mancata manutenzione del terreno di loro proprietà dal quale s’è verificato il distacco.