VERBANIA – 13.09.2015 – La protesta contro i tagli di Poste Italiane
non si ferma e potrebbe sfociare nel ricorso al Tar. È questa la strada che pensano di percorrere alcuni sindaci tra quelli che da lunedì scorso hanno subito la chiusura totale (Stresa con lo sportello di Carciano) o parziale degli uffici. I precedenti legali in altre regioni danno ragione ai piccoli comuni montani e alimentano la possibilità di avere un pronunciamento favorevole. Il parlamentare ossolano Enrico Borghi caldeggia questa soluzione, mentre il vicepresidente della Regione Aldo Reschigna, pur non osteggiandola, non la sostiene apertamente. In mezzo ci sono i sindaci, che non digeriscono i tagli ai servizi e che non si accontentano delle possibili mediazioni politiche alle quali Reschigna sta lavorando e che dovrebbero trovare concretezza entro settembre. Ma ci sono alcuni nodi da sciogliee, in primis il costo di un ricorso. Verbania s’è presa carico di far esaminare la pratica dall’avvocatura comunale e il responso è stato un “preventivo”, principalmente per il contributo unificato, di circa 4.000 euro. Tanti per enti da un migliaio di abitanti (o anche meno) le cui casse piangono. E qui c’è la proposta di un ricorso collettivo, da vagliare nei prossimi giorni.
La discussione sulle Poste ha occupato la gran parte del tempo dell’assemblea dei sindaci convocata ieri mattina al Tecnoparco dal presidente Stefano Costa. Un’assemblea che non ha raccolto nemmeno la metà delle adesioni. Non è la prima volta che i sindaci snobbano questo organismo istituito con la riforma delle Province. E se il presidente Costa punta a rivedere lo Statuto in modo da poter prevedere la delega in caso di assenza a un altro ente, i temi di cui si doveva trattare – senza decisioni o deliberazioni, quindi in un ambito solo politico – restano inevasi. Come la riforma dei servizi sociali e la possibilità di un unico ente provinciale al posto dei tre attuali consorzi.