VERBANIA – 23.09.2015 – Un confronto (quasi) all’americana,
faccia a faccia con le persone accusate di essersi introdotte in casa con l’inganno e di aver portato via oggetti di valore e contanti. Nonostante l’arzilla età di 80 e 85 anni, due anziane di Domodossola e Baveno, raggirate nel 2014 da una coppia di truffatori, non hanno esitato oggi in tribunale a riconoscere con certezza la donna che, insieme al compagno, nel 2014 le derubò. Quella donna è Anna Cena che, seduta insieme a due “controfigure” del tutto simili per corporatura, carnagione, taglio e colore di capelli, abbigliamento, è stata identificata senza ombra di dubbio dalle vittime. “È lei”, hanno detto una dopo l’altra, non riuscendo tuttavia a riconoscere con precisione l’altro imputato del processo, Emiliano Diglaudi. Una delle due l’ha scambiato per la controfigura che, molto somigliante, altri non era che il fratello dell’imputato. L’altra, prima ha puntato l’indice contro il fratello Diglaudi, ma poi ha detto di non essere certa.
Il confronto, in gergo tecnico il “riconoscimento personale”, era stato chiesto nella precedente udienza del processo dagli avvocati difensori di Diglaudi e Cena, Cristina Botto di Torino e Marisa Zariani di Domodossola che, senza contestare la dinamica delle truffe, mettono in dubbio l’identità dei presunti truffatori, contestando le identificazioni.
Diglaudi e Cena, coppia 44enne etnia sinti domiciliata nel Torinese, è alla sbarra per tredici episodi di truffa avvenuti nel Vco l’anno scorso. I due – l’uomo si trova in carcere, la donna ai domiciliari – furono scoperti l’ottobre scorso al termine di una “visita” a un’ignara anziana di Domo. L’allarme lanciato dall’Ossola fece scattare un posto di blocco sull’A26 nel quale la coppia cadde e, dopo un tentativo di fuga con speronamento dell’auto dei carabinieri, finì arrestata e poi condannata in primo grado.