VERBANIA – 23.09.2015 – I guai per il ristorante
sono cominciati dopo la denuncia di una cliente e a seguito dell’ispezione dei Nas. In tribunale a Verbania s’è aperto il processo a carico dei due soci titolari all’epoca – il 2012 – del Dam ‘a tràa di Suna. Il 24 giugno una quarantenne verbanese ordinò e consumò una bistecca di cavallo al sangue. Una volta a casa avvertì forti dolori e si recò al Dea per farsi visitare. Successivamente sporse denuncia per l’intossicazione alimentare. Nemmeno due mesi dopo, il 18 agosto, i carabinieri del Nas di Torino effettuarono un sopralluogo a Suna riscontrando una serie di infrazioni che hanno originato il processo, parzialmente chiuso oggi. Per uno dei quattro capi di imputazione, infatti, l’inosservanza delle disposizioni di legge dell’Asl sul numero di posti a sedere, i ristoratori, difesi dall’avvocato Marco Garlatti Costa, hanno optato per l’oblazione, hanno cioè versato una sanzione amministrativa che ha estinto il reato.
Restano da discutere le altre tre contestazioni: commercio di sostanze nocive, violazione delle leggi in materia di igiene di alimenti e bevande, tentata frode in commercio. Il primo – per il quale la donna s’è costituita parte civile con l’avvocato Loredana Brizio – si riferisce all’episodio della carne di cavallo. Il secondo è motivato dalla relazione dei carabinieri secondo cui alcuni alimenti erano conservati in un freezer in non buone condizioni igieniche e altre materie prime erano impolverate. Il terzo è dovuto al fatto che tra i piatti del menu compariva il “persico al burro e salvia con finocchi agli agrumi” ma in cucina i militari non hanno trovato pesce persico ma solo tilapia, prodotto di minor qualità.
Oggi si sarebbero dovuti ascoltare in aula il maresciallo dei Nas presente al sopralluogo e la parte offesa. In mancanza dei testi, l’udienza è stata aggiornata dal giudice Luigi Montefusco al 10 dicembre. Nel frattempo l’avvocato Garlatti Costa ha prodotto una serie di documenti (verbali dell’Asl, dossier fotografici, fatture, bolle di carico e scarico, fatture di macchinari) con i quali intende provare l’innocenza dei suoi assistiti.