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DRUOGNO – 08.10.2015 – Nel marzo del 2012

il fuoco acceso per bruciare le sterpaglie raccolte vicino alla baita si trasformò in un incendio che si portò via 10 ettari di bosco. I vigili del fuoco, impiegando anche elicotteri e Canadair, ci misero due giorni per arrestare il rogo sviluppatosi sopra l’abitato di Coimo di Druogno e sotto i monti Cima la Sella e Croce di Rovareccio. Quella “ferita” sulle montagne vigezzine si rimarginerà naturalmente tra tanti anni, ma prima del previsto. Il merito è del progetto “Protection forest” realizzato in collaborazione tra la Regione, l’Università di Torino e con il finanziamento del gruppo assicurativo svizzero Helvetia.

Giovedì a Druogno il Ceo di Helvetia Italia Francesco La Gioia ha consegnato al sindaco druognese Marco Zanoletti il simbolico assegno che certifica la donazione di quattromila alberi (il contributo complessivo dell’operazione è di 40.000 euro). È questo il quantitativo di piantine necessario per accelerare il ripopolamento boschivo, che è già in atto. Operativamente vi lavorano gli operai regionali del settore forestazione, che hanno rimosso gli alberi morti e stanno preparando i solchi in cui saranno messi a dimora i nuovi esemplari. Alcuni sono stati piantati giovedì - con lo scoprimento del pannello che racconta il progetto - dai dirigenti di Helvetia, ma anche dai loro agenti e clienti invitati per l’evento. Nel faggetto devastato dalle fiamme vengono collocate le piantine provenienti dai vivai della Regione sviluppate su specie autoctone. Le si protegge poi con uno “shelter”, una griglia di plastica alta un metro, ancorata al suolo con bacchette metalliche e avvolta attorno all’esemplare per preservarlo soprattutto dagli animali. Questa operazione durerà due anni e accelererà il naturale processo di rigenerazione del bosco.

Quella di Druogno è la seconda iniziativa italiana di “Protection Forest”, progetto di corporate responsability già sperimentato negli anni addietro sui monti di Austria, Svizzera e Germania. La prima, nel 2014, è concisa con un maxi-reinserimento di 20.000 piante nel Bellunese. I contatti tra i tecnici veneti e quelli piemontesi ha permesso di replicare l’esperimento in Valle Vigezzo. “È la prima volta – ha detto il funzionario della Regione Federico Pelfini – che un privato ci finanzia un progetto di rimboschimento”.

Dietro c’è uno studio tecnico e un lavoro scientifico non indifferente. Partendo dalle premesse che quello di Coimo è un “bosco di protezione” che mette in sicurezza il versante proteggendo l’abitato da valanghe, frane e smottamenti, l’Università di Torino ha effettuato una puntuale ricerca scientifica su piante, semi e germinazione.