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truffa on line
VERBANIA – 13.10.2015 – Le truffe avvenivano in tutta Italia

ma i conti venivano “svuotati” nell’Aronese. In tribunale a Verbania oggi s’è aperto il processo a carico di cinque persone coinvolte nella maxi-inchiesta sul phishing tramite un'esca – il termine inglese che, nel gergo del web, indica il furto d’identità – messa a segno nel 2010 dalla Procura della Repubblica di Perugia. La polizia postale del capoluogo umbro arrestò 17 persone di nazionalità romena, egiziana e italiana accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa informatica che si presume abbiano trafugato denaro per oltre un milione di euro.

Inviando una e-mail a un ignaro destinatario e spacciandosi per Poste italiane o per un istituto di credito, chiedevano, attraverso un link, di collegarsi al sito internet dell’azienda per confermare i dati del proprio conto corrente. Il sito in realtà era falso, uno specchio per le allodole utile per trafugare numero di conto e password. Carpita l’identità del truffato, la banda agiva svuotando i conti e dirottando il denaro verso carte Poste Pay intestate a alcune “teste di legno”. Dieci di queste, secondo l’accusa, vivevano nel basso Verbano. In due precedenti processi, due hanno patteggiato la pena e tre hanno fatto ricorso al rito abbreviato, venendo condannati in primo grado. I cinque rimanenti sono a processo con l’accusa di riciclaggio e concorso. Si tratta di Roberto Valli, Paolo Ruffini, Filippo Giuffrida, Vincenzo Vigliardo e Francesco Caserta, difesi dagli avvocati Enrico Brusorio e Elena Uttinacci.

L’inchiesta nacque da uno di loro. Ruffini a un certo punto manifestò la volontà di “uscire dal giro”, ma Vigliardo lo dissuase con la minaccia, tanto che Ruffini lo denunciò per tentata estorsione.

Nell’udienza di oggi il pm Nicola Mezzina ha interrogato per oltre quattro ore il maresciallo dei carabinieri Carmelo Munaò, in servizio a Arona, autore – nel 2009 – delle indagini. Il carabiniere ha spiegato che gli imputati accettavano di aprire a proprio nome conti su carte Poste Pay e che, una volta che i capi romeni di Perugia comunicavano loro l’avvenuto “prelievo” dai conti dei truffati e il trasferimento a loro favore, questi si recavano allo sportello e prelevavano il contante.

L’accusa ha prodotto un’enorme mole di documenti e ha chiesto di ammettere come testi l’altro carabinieri che seguì le indagini e tutte i truffati che hanno sporto denuncia in ogni parte d’Italia, una quindicina in tutto. Il collegio di giudici presieduto da Luigi Montefusco e composto da Rosa Maria Fornelli e Raffaella Zappatini ha escluso i testi ammettendo però le denunce come prove del procedimento. L’udienza è stata aggiornata al 10 novembre per l’esame degli imputati.

Per la truffa informatica il processo si terrà prossimamente a Novara dopo che è stata dichiarata l’incompatibilità territoriale con Perugia.