MONTEBELLUNA – 14.10.2015 – Veneto Banca ha approvato
un nuovo piano industriale. Il cda l’ha esaminato nella giornata di ieri e s’appresta a comunicarlo ai lavoratori, che saranno informati attraverso i loro rappresentanti sindacali convocati per oggi a Montebelluna. Quali siano i contenuti non è noto, ma è facile intuire che sarà più “rigoroso” rispetto a quello approvato solo sei mesi fa. A inizio aprile, in un periodo di difficoltà, l’istituto decise, tra le altre misure, di tagliare 70 delle 586 agenzie dichiarando 450 esuberi, pari a circa il 10% dei dipendenti. A ottobre, con le difficoltà che si sono accresciute, servono misure più forti.
Attorno all’incontro c’è un clima di attesa e di tensione. Ieri i delegati First-Cisl di Veneto Banca hanno diffuso una nota nella quale denunciano l’aumento degli emolumenti degli amministratori, quintuplicati dal 2006 al 2014 e la richiesta di un’azione di responsabilità dell’istituto verso chi ha causato i problemi economici della banca.
Il piano industriale non è l’unica novità della riunione di ieri del consiglio di amministrazione, che ha preso atto delle dimissioni di Matteo Zoppas, industriale di Conegliano erede della dinastia degli elettrodomestici Zanussi-Zoppas. Al suo posto è stato cooptato Cristiano Carrus (nella foto), l’uomo che aveva sostituito Vincenzo Consoli nel ruolo di direttore generale e che, come il suo predecessore, sale nella gerarchia sino a entrare nel board, dove gli è stato affidato l’incarico di amministratore delegato.
Piano industriale e rinnovo del consiglio sono solo alcuni aspetti della delicata vicenda di Veneto Banca, che come tutte le popolari con un “fatturato” superiore agli 8 miliardi di euro, è obbligata a trasformarsi in spa. Il primo istituto a muoversi in questo senso è stato Ubi banca, solido colosso delle popolari che guarda con interesse ai movimenti del settore per mettere a segno acquisizioni o fusioni che ne favoriscano la crescita. Veneto Banca deve scegliere i tempi dell’operazione e dell’approdo a Piazza Affari. Insieme alla Vicentina, altra banca in crisi, è infatti l’unica delle popolari non quotata. Ciò significa che il valore delle azioni è “protetto”, stabilito di anno in anno in occasione del bilancio. E se da un lato è vero che vendere le azioni di Veneto Banca è, usando un eufemismo, molto difficile, dall’altro la quotazione rappresenterebbe una forte svalutazione del titolo e la perdita di un notevole capitale da parte soprattutto di quei piccoli azionisti che vi hanno investito i risparmi di una vita.