VERBANIA – 27.09.2019 – “Da allora non dormo più:
mi hanno portato via anche i ricordi più cari della mamma”. È sconfortata, ha gli occhi lucidi ma, quando s'accomoda al banco dei testimoni - “è la prima volta che vengo in tribunale”, dice - scaccia le lacrime per raccontare, con sorprendente lucidità e precisione per una donna della sua età e date le circostanze, la frode subita nella sua abitazione di Biella il 30 ottobre 2017. Lei, la vittima di una truffa a domicilio messa a segno col trucco dell'acqua inquinata dal mercurio, ha 89 anni e oggi è stata testimone a Verbania nel processo che vede imputate tre persone con l'accusa di far parte di un gruppo di truffatori a domicilio che colpiva nel nordovest del Piemonte e che avrebbe messo a segno due colpi simili a Domodossola e Biella.
“Stavo tornando a casa con le borse della spesa – ha raccontato al giudice Rosa Maria Fornelli –, quando ho visto al portone del condominio una ragazza giovane: 'posso salire con lei'?... S'è infilata in ascensore, mentre l'altro uomo è salito a piedi”. Giunta al quarto piano, la pensionata ha aperto la porta e, dietro di lei, si sono infilati i truffatori. “La giovane ha detto d'essere un'impiegata del Comune e che l'acqua era inquinata. Girava per le stanze, ha aperto tutti i rubinetti, poi è sparita. Lui frugava nei cassetti e ha rovistato anche in camera. Ha detto di essere un maresciallo dei carabinieri e che mi avrebbe portato in caserma; poi se n'è andato. Non so perché non ho reagito, perché non ho urlato. Ero già stata derubata una volta, ma allora non ero in casa. Non ho fatto niente di male in vita mia: non me lo meritavo”.
Il bottino: alcuni gioielli e le poche cose tenute in casa, il cui valore non è stato nemmeno quantificato. “C'erano i ricordi della mia mamma”, ha spiegato fornendo dettagli precisi sull'aspetto dei due -”lei sui 25 anni, bionda e coi capelli corti. Lui, sulla cinquantina, era alto e robusto e indossava i guanti”-, e affermando pure d'essere in grado di riconoscere chi l'ha derubata.
In realtà, rispetto agli imputati del processo verbanese, non c'è stata un'identificazione fotografica, né è stato disposto un confronto all'americana poiché la teste non fu sentita in fase di indagini. L'episodio biellese fa il paio (per un terzo caso, a Vercelli, le accuse sono state archiviate) con quello avvenuto a Domo il 19 ottobre, oggetto del capo d'imputazione principale.
Di queste truffe sono imputati Gianpiero Conti, 35 anni; Daniele Dubois, di 48; ed Elvira Laforé, di 24, residenti nel Torinese. Secondo la Procura il primo era l'autista della Fiat Sedici identifcata come l'auto con cui i truffatori raggiungevano le città delle vittime; gli altri due gli autori materiali dei raggiri. La vittima del furto in Ossola non è stata in grado di testimoniare per ragioni di salute. Il pm Fabrizio Argentieri ha chiesto al giudice Rosa Maria Fornelli di citare la sorella, che sarebbe altra testimone oculare. Non sarà necessario. Il magistrato ha chiuso l'istruttoria e ha rinviato per discussione e sentenza al 16 ottobre.