VERBANIA – 17.11.2019 – Un voto contrario
e un centrodestra diviso con la Lega (quel che ne è rimasto), Forza Italia (il gruppo consiliare) e Fratelli d’Italia che si sono sfilati. Il Consiglio comunale di Verbania, tenutosi ieri al palasport in seduta aperta, ha approvato con 25 voti favorevoli, un astenuto (Mirella Cristina di Forza Italia) e un contrario (Giorgio Tigano di Insieme per Verbania) l’ordine del giorno condiviso dai sindaci del Verbano che rigetta e respinge la proposta di riforma del sistema sanitario provinciale, il piano che il governatore Alberto Cirio e l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi hanno presentato a fine ottobre al Tecnoparco e che prevede la costruzione dell’ospedale nuovo a Domodossola e il declassamento del “Castelli” da Dea a pronto soccorso, con la riduzione dei reparti.
Al momento del voto, poco prima delle 19, sugli spalti erano rimaste un centinaio circa di persone. Ma, in apertura di seduta, erano oltre mille, segno di una partecipazione molto ampia, sottolineata negli interventi. Ad aprire la seduta, ringraziando per la partecipazione, è stato il presidente del Consiglio comunale Giandomenico Albertella, che a maggio era candidato per Lega, Fi, Fdi e che oggi, sul tema sanità, si trova sul fronte opposto, in aperto contrasto soprattutto con la Lega, che l’ha ferocemente attaccato. “Presidente, le chiediamo di essere coerente: fermi la proposta e siamo pronti a confrontarci nel merito”, ha detto rivolgendosi ad Alberto Cirio (nessuno della giunta regionale ha raccolto l’invito a partecipare) e ricordando le sue parole in campagna elettorale. Critiche anche ai parlamentari Cristina ed Enrico Montani, le cui proposte pervenute in extremis di un polo d’eccellenza oncologico e dell’impegno a salvare il Dea e di aprire ai privati sono state liquidate da Albertella come il tentativo “di arrampicarsi sui vetri”.
Nel centrodestra ieri si sono consumate fratture -come la fuoriuscita di tre leghisti su cinque e aperte incrinature. Al momento del voto Lega e Fdi sono uscite dall'aula. Tigano, che è medico, ha detto no (sì il voto del suo gruppo) non ritenendo corretto raccogliere le firme dicendo che si salva il “Castelli” puntando in realtà all’ospedale unico in zona baricentrica (il mantenimento dei due ospedali è la posizione dei comunisti di Vladimiro Di Gregorio). Cristina, che ha annunciato un incontro personale con Cirio sul tema sanità del Vco, s’è astenuta. Così come Damiano Colombo, di Fratelli d’Italia che, pur ribadendo che la salute “è al di sopra di tutto”, attende di parlare a Cirio e Icardi con l’assessore di riferimento Roberto Rosso, di cui è anche collaboratore contrattualizzato in Regione. In discordanza con Cristina le parole del coordinatore provinciale di Fi, Massimo Manzini: “Sono in Forza Italia da 23 anni: eravamo, siamo e saremo per l’ospedale unico in zona baricentrica. Non ho imbarazzo a dirlo. Sono un uomo di partito ma, prima, dono del partito del Vco”.
Nel dibattito si sono mischiate le voci dei tecnici (il medico Sergio Cozzi), delle categorie economiche (Federalberghi, Confartigianato) e dei sindacati uniti, secondo cui un solo ospedale è imprescindibile. Si sono espressi i sindaci del Verbano, e s’è fatta sentire la politica. Per il M5S c’era il consigliere regionale alessandrino Sean Sacco, per il Pd quello novarese Domenico Rossi e il deputato Enrico Borghi. Alle bordate sparate contro i vertici regionali è stato invitato a replicare, dopo Borghi, il senatore Montani. Era tra il pubblico e Albertella gli ha chiesto se avesse voluto intervenire. Montani ha declinato l’invito.
Il Consiglio di ieri è stato il primo passo verso la mobilitazione. Con 10.000 firme raccolte in 8 giorni (le sottoscrizioni proseguono) e con le delibere di quasi tutti i comuni del Verbano, l’obiettivo è indurre Torino a cambiare decisione -peraltro, come ha fatto notare Rossi, un atto vero non c’è e si è ancora nella fase degli annunci- e riaprire il discorso verso l’ospedale unico. Perché, questo ormai è chiaro, la posizione del Verbano non è la mera difesa del “Castelli”, che dovrà chiudere, ma la proposizione di un modello con un solo nosocomio in area baricentrica, tra la bassa Ossola e la piana del Toce. E se la mobilitazione non dovesse bastare, il piano B è il referendum, evocato da Albertella “lo faccia la stessa Regione, chiedendo il parere ai cittadini del Vco” e ribadito da Tigano.