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MONTEBELLUNA – 17.04.2015 – La fine di un’era, lo spartiacque di un opulento passato, un presente turbolento e un futuro tutto da scrivere. L’assemblea che domani a Montebelluna chiamerà a raccolta gli 88mila soci di Veneto Banca è tutto questo. E per chi, nel Vco, ha vissuto gli anni “caldi” della popolare di Intra, è una sorta di deja-vu.

Il palasport di Intra nel 2007 come Villa Spineda nel 2015: le analogie sono innumerevoli. Due istituti popolari prossimi a diventare spa (in contesti storici differenti), due bilanci malandati, inchieste giudiziarie che chiamano in causa gli ex amministratori, i postumi di un’ispezione di Bankitalia, il pressing istituzionale per un’aggregazione…

Chi viene dalla Intra ci è già passato e respira, oggi come otto anni fa, lo stesso clima e le stesse speranze che la rivoluzione alla porte non cancelli posti di lavoro, non penalizzi gli azionisti e non blocchi il credito per famiglie e imprese.

A Villa Spineda di Venegazzù, la nobilissima sede di rappresentanza di Veneto Banca, domani (dalle 8,30) i soci dovranno approvare il consuntivo 2014, rinnovare quattro membri del cda e fissare il loro stipendio. In teoria un’assemblea ordinaria. In realtà una discussione straordinaria, perché il bilancio è in rosso di quasi un miliardo, le azioni verranno svalutate del 23% e sul tavolo c’è un piano industriale triennale che taglia 70 filiali e il 10% dei lavoratori. I grattacapi, insomma, non mancano. Ma se si considera che il parlamento ha già votato la fine delle banche popolari, la vigilanza bancaria europea ha imposto rettifiche straordinarie che, unite alla legge di prima, obbligano a fusioni o incorporazioni, ecco che le tensioni della vigilia sono più che giustificate.

I primi a essere preoccupati sono gli azionisti, che con la svalutazione perdono quasi un quarto del loro portafogli. Quelli veneti, che nella “cassaforte” del territorio hanno investito i loro risparmi, ne fanno anche una questione di orgoglio e di sopravvivenza della propria banca, come testimonia la nascita dell’associazione presieduta dall’ex magistrato Giovanni Schiavon. Questo perché sullo sfondo si agita la fusione con la popolare Vicentina, da sempre una cugina vista non troppo di buon occhio.

Una fusione che sarebbe rischiosa – più di altre – per i dipendenti, che quasi sempre sono azionisti e che in un’assemblea da “una testa, un voto” (in futuro non sarà più così) hanno il loro peso.

Sull’asse Vicenza-Montebelluna si consumano i destini dei padri-padroni delle rispettive banche. L’imprenditore Gianni Zonin, anima della Vicentina che ha già passato sabato scorso l’esame assembleare, ha annunciato che passerà la mano, anche per agevolare la possibile fusione, da lui caldeggiata.

Domani nel Trevigiano ci sarà – così dicono i rumors – l’addio di Vincenzo Consoli, il bancario venuto dalla Basilicata che dal 1997 ha guidato l’ascesa come direttore generale e amministratore delegato. Ultimo rimasto del management finito sotto inchiesta da Bankitalia e dalla magistratura per ostacolo alla vigilanza, prima ha rinunciato al contratto appena prolungato fissando l’addio al 2016 e poi ha deciso di finire anzitempo.

Il futuro di Veneto Banca e del suo ancor numeroso seguito – di soci, dipendenti e correntisti – nel Vco è da definire. Domani non sono attese sorprese, ma proteste e proposte sì, in attesa che il futuro si faccia almeno un po’ più chiaro. Per le rivoluzioni c’è ancora tempo, ma la strada è tracciata.