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tribunale 16

VERBANIA – 31.01.2020 – Doveva ricevere

3.000 euro per una vendita on-line ma, a pagare (con l’inganno), è stato lui e ce ne ha rimessi 1.300. Pare quasi incredibile la truffa aggravata patita da un uomo residente nel basso Verbano nell’ottobre del 2018. Volendo liberarsi della cameretta la mise in vendita su un sito di annunci, fissando come prezzo 3.000 euro. Fu contattato da un cliente che gli spiegò di essere in procinto di trasferirsi da Verona a Novara e di essere interessato al mobilio. Concordarono l’affare e pattuirono che l’acquirente sarebbe venuto a ritirare i mobili. Prima, però, si doveva completare il pagamento. L’acquirente chiese al venditore di recarsi a uno sportello postamat, dove l’avrebbe guidato nell’operazione. In diretta telefonica gli disse di inserire la sua carta bancomat, di digitare il pin, di immettere un codice numerico che gli dettò e di disporre la cifra di 3.000 euro. Seguita la procedura, colui che vendeva i mobili si trovò di fronte a un messaggio di errore: l’operazione s’era conclusa per 1.300 euro perché non vi erano fondi a sufficienza per l’intera somma. Provi con un’altra carta – sollecitò l’uomo all’altro capo del telefono, non riuscendo tuttavia a ottenere altro denaro perché la Postepay utilizzata per un secondo tentativo di pagamento era “a secco”. Fu solo a quel punto che l’acquirente rivelò di aver commesso un errore (aveva guidato il venditore nella ricarica della propria Postepay) e di aver compiuto l’operazione inversa, cioè che l’incasso era stato in realtà un pagamento, promettendo che avrebbe restituito i soldi. Fu l’ultima volta che i due si parlarono e, alle numerose chiamate seguite nei giorni successivi, l’acquirente non rispose se non in una circostanza, quando una donna che disse di essere la moglie, si giustificò dicendo che il marito era fuori.

Il truffato, che anziché incassare 3.000 euro della cameretta ne aveva persi 1.300, si rivolse così ai carabinieri, che identificarono un cittadino del Bangladesh come colui che aveva attivato la sim card da cui era partita la chiamata per concludere l’affare e in una ragazza di 24 anni di Ancona come l’intestataria della Postepay ricaricata. Quest’ultima è stata rinviata a giudizio e condannata dal Tribunale di Verbania a 8 mesi e 300 euro di multa (con il beneficio della sospensione condizionale della pena). Il pm aveva chiesto un anno e 500 euro di multa.