ORTA SAN GIULIO - 02-02-2020 - Affollata la Messa per San Giulio.
Si è tenuta venerdì mattina nella Basilica di San Giulio sull’omonima Isola del Lago d’Orta la Messa solenne celebrata dal Vescovo di Novara monsignor Franco Giulio Brambilla, che ha rivolto ai fedeli una splendida predica in occasione della terza festa dei Patroni della Diocesi, dopo San Giuliano il 7 gennaio e San Gaudenzio il 22.
L’intervento del Vescovo ha avuto come filo rosso tre parole contenute nelle letture e nel Vangelo.
I piedi, di cui parla Isaia quando afferma: come sono belli sui monti i piedi del messaggero. I piedi sono una sineddoche che rimanda al corpo e il valore fondamentale è quindi l’umiltà, termine che deriva dalla parola latina humus, terra.
Sono i piedi che devono raggiungere la meta per puntare al senso essenziale della vita, ma ci vuole sollecitudine per andare in fretta; i piedi sono fondamentali per l’essere umano per muoversi verso la propria metà coltivata nei propri sogni che però si possono realizzare solo se si è capaci di restare aderenti a terra come fa il contadino. Ecco che allora la prima parola, piedi, ci conduce all’umiltà.
La seconda parola intorno a cui ha ruotato la predica di monsignor Brambilla è stato il nome: Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome?, dice l’evangelista Matteo. Nella Bibbia il nome “Dio”, che poi non veniva mai pronunciato a voce, era costantemente presente, creando una continua allitterazione. Il nome è importante per andare all’essenza delle cose, altrimenti si confonde il vero senso della vita che stiamo trasformando da una cosa a cui dobbiamo servire a una cosa di cui ci serviamo. Dobbiamo perciò avere la consapevolezza che possiamo rovinarla. Ecco che la seconda parola, nome, ci porta a delicatezza.
La terza parola, sottolinea Il Vescovo, è stata dono che è una parola selettiva, su cui bisogna riflettere perché di solito se io ho un dono non ce l’hai tu, e pensiamo che il dono sia tanto più caro tanto più è unico. Non è così nella religione, perché la comunità è formata da preti, religiosi e laici che devono collaborare per realizzare tutti i doni, facendoli convergere. Nessuno infatti può dire che basti uno da solo a dire Gesù, invece qualcuno quando parla sembra che esista solo lui: per questo bisogna che ciascuno riconosca nel volto dell’altro ciò che manca sul suo.
Ribadendo il valore di queste tre parole, piedi, nome, dono, il Vescovo ha concluso il suo appassionato discorso, ricco di riferimenti, spunti e battute personali;a dimostrazione di come i grandi uomini di Chiesa, quando parlano ai fedeli, sanno farsi ascoltare per la loro saggezza trasmessa con grande umiltà.
Chiara Pagani