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serapiglia funerale

VERBANIA – 07-02-2020 – Una cerimonia struggente,

un commosso addio tra le lacrime a una persona speciale. A stento la pur gremita basilica di San Vittore ha trattenuto, oggi, l’affetto della comunità verbanese per Gabriele Serapiglia, cinquantenne operatore del Centro diurno del Consorzio dei Servizi sociali morto lunedì per un problema cardiaco. A dargli l’ultimo saluto sono stati i familiari (la mamma Anna e la sorella Cristina) che tanto amava e ai quali ha dedicato i suoi ultimi pensieri nel diario tenuto nei giorni del ricovero in ospedale; ma anche le numerose "famiglie" che ha saputo crearsi in ogni ambiente che ha frequentato. A partire dal Consorzio, dove era approdato da adulto, dopo aver lavorato come pasticciere e coadiuvante nella piccola pensione gestita dai genitori. Una realtà in cui aveva iniziato nell’assistenza domiciliare, a casa delle persone in difficoltà, che aveva proseguito -con l’insorgere della malattia- in ufficio in mansioni amministrative per poi tornare, negli ultimi anni, “sul campo”, al Centro diurno. Lavorava fianco a fianco con Antonio Attinà, cui è stato affidato il compito di leggere, durante la cerimonia religiosa celebrata da don Costantino Manea, don Adriano Micotti e don Giorgio Naranza, alcuni pensieri e riflessioni. Quelli del breve diario tenuto nelle ultime settimane ma, soprattutto, quelli scritti in prima persona, una decina d’anni fa, in una sorta di racconto autobiografico che la sorella ha scoperto solo in questi giorni, riordinando le sue cose. Un racconto in cui traspaiono un animo mite e gentile. “Era un ragazzo generoso, sensibile, altruista, che si metteva a disposizione degli altri, buono come un pezzo di pane” – ha detto don Manea. “Ti chiamavamo spacciatore d’amore”, ha aggiunto una collega. Un’altra ha ricordato gli abbracci che dispensava. E, nel suo nome, tutta la grande famiglia del Consorzio ha circondato con un girotondo la bara chiara sormontata dalle rose bianche e dalla divisa rossa della Bocciofila cannobiese. Forte era il ricordo del servizio militare svolto negli Alpini e il senso di appartenenza alle Penne Nere, testimoniata quando il feretro è uscito dalla chiesa sulle note del Signore delle cime. Ma intensa è stata, soprattutto, l’esperienza all’Arcademia dello spettacolo di Omegna, di cui è stato per dieci anni collaboratore “sempre dietro le quinte”. Gli amici l’hanno voluto salutare in musica, intonando tra lacrime e singhiozzi “Stagioni d’amore”, brano che già avevano cantato per lui a novembre, nell’esibizione al Maggiore alla quale Gabriele, già a casa per motivi di salute, non aveva potuto partecipare.