VERBANIA – 09-02-2020 – Quando l’operaio
che manovrava il caricatore udì la sirena e vide le luci lampeggianti, mollò tutto: saltò giù dai comandi del mezzo e andò a ripararsi. Pochi secondi dopo arrivò il treno e ci fu l’impatto. È così che, attorno alle 14 del 24 maggio 2018, accadde l’incidente ferroviario nella galleria di Preglia di Crevoladossola. Un incidente che, fortunatamente, non ebbe conseguenze per le persone -operai e passeggeri-, né danneggiò seriamente il treno, i binari o il cantiere. Un incidente che ha portato a giudizio al Tribunale di Verbania quattro persone tra impresario e funzionari tecnici di un’azienda privata e di Rfi. Tutti sono accusati di incidente ferroviario colposo. Uno di loro ha chiesto e ottenuto la messa alla prova (con lavori socialmente utili e risarcimento estinguerà il reato), per gli altri tre si è aperto il dibattimento.
Nell’udienza di ieri il giudice Rosa Maria Fornelli ha cercato di ricostruire la dinamica dell’incidente. Lo scontro avvenne tra una macchina dell’impresa che aveva ricevuto l’incarico di scavare alla base della galleria e l’Eurocity 34 diretto a Ginevra. Il convoglio era partito pochi minuti prima dalla stazione di Domo e viaggiava su uno dei due binari, quello libero. L’altro era ingombrato dai mezzi della ditta che, frantumando la roccia alla base del tunnel, aveva l’incarico di allargare la volta e creare un camminamento. Il cantiere era stato predisposto come un blocco di mezzi compatti sulle rotaie, salvo che per il caricatore. Dopo aver raccolto con la benna la pietra fresata dalla parete, la caricava sul cassone e la portava all’esterno. Era l’unico mezzo che si muoveva isolato. Ed era quello più a rischio, perché sulla sua strada poteva incontrare detriti o massi che l’avrebbero fatto scarrocciare dai binari. Come accadde quel giorno. Una ruota uscì dalla sede. L’operatore provò a effettuare la manovra prevista in questi casi (raddrizzare la macchina facendo leva sulla benna posata a terra), ma non ne ebbe il tempo, perché sopraggiungeva l’Eurocity, che urtò nella parte anteriore contro quella posteriore del caricatore.
L’indagine è stata condotta dalla polizia e dallo Spresal dell’Asl, che ha rilevato alcune violazioni nelle norme di sicurezza. È su queste che è stato costruito il campo d’imputazione. Nella prima udienza, lunga è stata la deposizione dell’ispettrice dello Spresal che, incalzata dalle difese, ha ammesso di non aver consegnato alla Procura tutta la documentazione raccolta. Per lo Spresal non furono rispettate le norme di sicurezza, perché al passaggio del treno il caricatore doveva essere fermo sul binario e con il braccio meccanico bloccato. Norme che, all’epoca, erano in divenire. Inizialmente s’era pensato di caricare a mano il pietrisco del cantiere. Ma ci si rese conto che era troppo e che serviva un mezzo. E si concordò che il macchinario si potesse muovere solo durante le fasi di interruzione totale del traffico -perché il problema di fondo è che sulla linea del Sempione passano decine di treni ogni giorno e chiuderla per manutenzione sarebbe un costo enorme-, fissate quel giorno in 40’ tra le 12,10 e le 12,50.