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poste chiuse generico
TORINO – 28.11.2015 – Il primo round va a Poste Italiane.

In gergo pugilistico è questo l’esito del ricorso al Tar che Stresa, Macugnaga, Miazzina,Cossogno, Premeno, Antrona Schieranco e Bée hanno presentato contro l’azienda per annullare il piano che prevede la chiusura dello sportello di Carciano e la riduzione degli orari negli altri centri, tutti montani.

La prima sezione del tribunale amministrativo torinese presieduta da Lanfranco Balucani ha deciso di respingere la richiesta di sospensiva avanzata dai comuni del Vco. Nell’ordinanza i magistrati scrivono che il ricorso, seppur a un sommario esame, non è “assistito da apprezzabili elementi di fumus boni iuris, poiché i criteri seguiti da Poste Italiane per l’assunzione delle determinazioni impugnate appaiono in sintonia con i criteri ministeriali recepiti dall’Agcom”. Il fumus boni iuris è il termine latino che indica una parvenza di buon diritto, la ragionevolezza di essere nel giusto. In questo caso, almeno nel parere del collegio di magistrati, questa ragionevolezza non c’è e, anzi, si ritiene che il piano delle Poste sia rispondente agli indirizzi dell’Autorità per le comunicazioni. I magistrati, poi, si spingono oltre e, entrando nel merito della chiusura degli uffici postali, non ritengono nemmeno che ci sia “un danno grave e irreparabile, tenuto conto che nel Comune di Stresa continuerà ad essere attivo ed operante l’altro ufficio postale, a distanza non irragionevole (meno di 2 km) dall’ufficio soppresso e che negli altri Comuni la popolazione potrà usufruire dell’apertura degli uffici per tre giorni alla settimana, potendo avvalersi negli altri giorni degli uffici dei paesi vicini o del servizio, appositamente istituito, del “postino telematico””.

Se non è una stroncatura definitiva poco ci manca. Perché se è vero che in discussione non c’era il ricorso stesso, ma la sospensiva del Piano, è altrettanto vero che la discussione di merito – il ricorso generale resta – si terrà chissà quando, tra qualche mese nella migliore delle ipotesi o forse anche oltre. Nel frattempo gli uffici chiusi saranno diventati un’abitudine e Poste italiane avrà completato la quotazione in Borsa e si sarà consolidata come una società quotata che produce utili, uno status incompatibile economicamente con le rivendicazioni montane dei piccoli comuni, anche se sostenuti dalla politica.