VERBANIA - 19-07-2020 -- Il “codice rosso” -uno dei primi
attivati nel Vco secondo la nuova legge antiviolenza del 2019- era scattato lo scorso 23 novembre quando lei, una donna residente in provincia e seguita dal Servizio di psichiatria dell’Asl, era stata ritrovata a Milano dalla polizia. La sua scomparsa era stata denunciata un paio di giorni prima ed è da quella denuncia che la magistratura è venuta a conoscenza della delicata situazione familiare e delle angherie e vessazioni che subiva da tempo dal compagno, un 46enne con problemi di tossicodipendenza e numerosi precedenti penali. Lui l’aveva abbandonata a Milano, dove s’erano recati insieme, anche per acquistare stupefacenti. Il racconto di questo viaggio concluso con una lite s’è allargato ad altri episodi: insulti e minacce, aggressioni fisiche con mobili distrutti e botte. Fatti verificatisi nei due appartamenti nei quali hanno convissuto. Fatti che, raccolti dalle forze dell’ordine, hanno attivato il protocollo antiviolenza che ha portato in carcere il 48enne e che, in pochi mesi (contando anche le conseguenze del Covid-19 sulla macchina della giustizia) ne ha definito la posizione processuale.
Il Tribunale di Verbania l’ha condannato venerdì per maltrattamenti in famiglia a due anni, poco meno dei due anni e mezzo chiesti dal pm Anna Maria Rossi, che in aula ha ricostruito il disagio sociale e la violenza in cui s’è consumata questa relazione. Lui, assegnatario di una casa popolare, frequentava il Serd e “scalava” il metadone; lei era seguita dalla Psichiatria. Entrambi vivevano del reddito di cittadinanza e di una piccola pensione (poco più di 200 euro) di invalidità. Ma il loro non era un rapporto sano, come hanno confermato in aula i testimoni. L’imputato ha riconosciuto i suoi problemi, gli sbalzi d’umore, i momenti in cui sfascia tutto ciò che si trova di fronte, ma ha negato di aver mai alzato le mani sulla donna, della quale dice di essere ancora innamorato.