VERBANIA – 11.12.2015 – Il giorno dopo le sentenze di firmopoli
pubblichiamo alcuni pezzi di approfondimento sull’inchiesta redatti attingendo agli atti giudiziari contenuti nei fascicoli processuali dell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Nicola Mezzina e dalla sezione di pg dei carabinieri. Iniziando da Marco Zacchera, un fiume in piena che, sentito il 2 ottobre del 2014, in 79 pagine di verbale risponde ai quesiti del pm cercando di eludere alcune domande, ribadendo in più occasioni di non essere l’autenticatore, giustificandosi con complotti e elettori “civetta” ma confermando la prassi della ricopiatura delle firme.
Premessa
L’inizio dell’interrogatorio è una lunga premessa sulla sua massima disponibilità a spiegare con lealtà i fatti, sullo stupore di non essere stato chiamato prima perché avrebbe aiutato il magistrato a chiarire, sulla certezza che l’inchiesta gli è stata affibbiata dai complottisti del “corvo”.
Le firme raccolte da lui
L’ex sindaco si presenta dal magistrato con le fotocopie dei moduli da lui direttamente raccolti nella prima fase della campagna elettorale. Dice che era convinto di poterle autenticare come ex sindaco e ex parlamentare. Quando il magistrato gli chiede che fine abbiano fatto le firme da lui raccolte, risponde d’averle date a Songa perché ne facesse ciò che riteneva più opportuno.
Le firme accorpate
Una delle accuse mosse è che sono state raccolte numerose firme per una lista (Lega o Forza Italia) e trasferite in qualche modo in Fratelli d’Italia, la lista più compromessa che vede anche false alcune accettazioni di candidatura. Zacchera, pur dicendosi estraneo all’operazione, non nega. Spiega che lo si faceva per comodità, per non lasciarne poche in un foglio e produrre troppi fogli e per agevolare gli impiegati del Comune. L’ex onorevole le chiama firme accorpate. Si è sempre fatto così, si giustifica chiarendo il meccanismo: si prendono i moduli sparsi con poche firme su ognuno e per praticità li si accorpa insieme nello stesso modulo: “Questo è irregolare? Non so. Falso? Assolutamente no”. Il pm lo incalza chiedendo chi materialmente spostava i moduli e Zacchera dice di non saperlo, ricordando al magistrato che lui non era l’autenticatore. Alla richiesta di precisazioni la conferma: tutto viene ricopiato, numero di carta d’identità, dati anagrafici. E per la firma? “Si fa uno scarabocchio prendendo la firma da un’altra parte, se non è possibile…”, “si imita la firma…”.
Il ruolo di Songa
Già suo assistente parlamentare, Luigi Songa gli è legato da sempre, dalla nascita di An – di cui è stato segretario provinciale. Zacchera riconduce a lui le ricopiature, riconoscendone la calligrafia. Non sa spiegare che fine abbiano fatto i moduli originali ricopiati ma immagina che Songa li abbia buttati. A più riprese, ribadendo di non essere l’autenticatore e di essere stato spesso assente all’estero durante la campagna elettorale, invita il magistrato a rivolgersi al suo ex assistente. Il pm gli fa presente di averlo fatto, ma che Songa s'è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il "rassemblement" nella sede della Lega
Due fogli di firme attribuiti a Fratelli d’Italia in realtà sono stati raccolti per la Lega Nord-Indipendenti. Lo dicono gli elettori convocati in Procura e lo conferma un candidato proveniente dagli Indipendenti, il quale non ha saputo spiegare il “trasloco”, ma dice d’essersi recato nello studio professionale di Zacchera e di aver consegnato a lui un foglio. Zacchera è titubante: ha visto il candidato ma forse non nel suo studio ma sicuramente nella sede della Lega perché lì, dice, avveniva il rassemblement di tutte le liste facenti capo a Mirella Cristina, si sistemavano i moduli, le firme, i documenti.
Le firme false
"Nessuna è mia, stiamo scherzando", dice Zacchera nel respingere con decisione ogni addebito. La perizia del grafologo, consulente tecnico della Procura, gli attribuisce la falsificazione di tre firme e quella “probabile” di altre cinque.
La raccomandazione al pm: indagate su tutti
Tra una domanda e l’altra, Zacchera chiede espressamente – e l’avvocato ribadisce che è un suo desiderio – che le indagini si allarghino a tutte le liste di candidati e agli altri partiti, anche all’autenticatore della sinistra “che è una gran brava persona” ma che potrebbe aver commesso qualche irregolarità avendo lui visto di persona in piazza i banchetti del Pd abbandonati. Nell’indagine – suggerisce – troverete “tante questioni di carattere formale ma non la volontà di imbrogliare”. Il sostituto procuratore Mezzina gli fa notare che le indagini sono già molto ampie. E, difatti, hanno riguardato tutte le 14 liste.
Lo “sfigato” Gaggiotti
A un tratto nell’interrogatorio irrompe, naturalmente non fisicamente, Stefano Gaggiotti, candidato sindaco con una lista civica. Zacchera lo cita come esempio di raccolta firme e svela al pm che già anni fa Gaggiotti aveva messo in piedi una lista farlocca e che il fatto era noto a tutti, dipendenti comunali compresi. E quando il magistrato gli chiede perché non l’avesse denunciato, l’ex sindaco si giustifica con lo scarso impatto elettorale di Gaggiotti, uno che non è mai riuscito a entrare in Consiglio o, come dice il suo avvocato, uno “sfigato”.
Il complotto, i corvi e la civetta
Secondo Zacchera l’inchiesta è riconducibile ancora una volta al complotto del corvo, quello per il quale disse d’essersi dimesso da sindaco. E tra i corvi spunta anche una – a suo dire – “civetta”, un’elettrice poi candidatasi con l’altro schieramento (quello a sostegno di Marco Parachini) che ha sottoscritto una lista pro Mirella Cristina e che - a suo avviso - sarebbe stata mandata in qualche modo per operare un trabocchetto a suo danno. L’ex sindaco mostra al pm un articolo di giornale della Stampa (già agli atti dell’inchiesta) di fine aprile nel quale l’ex presidente del Consiglio regionale, Valerio Cattaneo, ribadendo la regolarità della raccolta firme di Ncd, riferisce che alcuni cittadini gli avevano segnalato sottoscrizioni raccolte da altre liste sui cofani dell’auto. È, secondo lui, la prova d’un complotto, di una “ritorsione”: “c’è stata una volontà – afferma Zacchera – da parte del partito del Nuovo Centro Destra di creare una sorta di “ricatto” nei miei confronti affinché io stessi zitto, che non proseguissi nelle indagini, nelle denunce”.
(continua)