VERBANIA – 22.04.2015 – Nessuna trattativa privata per il canile, ma una nuova gara pubblica per le sole cooperative sociali. E spunta il ricorso al Tar.
È una parziale retromarcia quella con cui l’Amministrazione comunale ha avviato la pratica per l’affidamento della gestione del rifugio del cane di via Plusc. Il 7 aprile sono scaduti i termini per la preselezione dei soggetti (solo cooperative sociali) interessati a gestire per un anno e mezzo (1° luglio 2015-31 dicembre 2016) la struttura a 112.500 euro. Entro quel termine è arrivata una sola candidatura, di fronte alla quale la dirigente ha preferito non effettuare la trattativa diretta ma, annullando di fatto la preselezione, procedere con un bando di gara alle stesse identiche condizioni perché “non è opportuno dare seguito alla procedura negoziata tenuto conto che è interesse dell’Amministrazione valutare più proposte”.
Pubblicata ieri, la gara si svolgerà nel mese di maggio. Il 18 è l’ultimo giorno per depositare le offerte, che dovranno avere una parte economica, una progettuale sulla gestione e adozione dei cani, e una terza che favorisca l’assunzione e l’inserimento di soggetti disagiati. Nel giudizio finale le prime due peseranno per il 40% l’una, la terza per il 20%.
Sull’intera procedura si dovrà esprimere il Tar perché Loredana Brizio, presidente dell’associazione Amici degli animali che il canile l’ha gestito da sempre prima dell’avvento di Adigest (luglio 2014) e prima che il contratto con quest’ultima fosse revocato dal Comune, è decisa a ricorrere. “Ci opporremo sicuramente, stiamo già preparando le carte”, annuncia Brizio che ritiene illegittima la scelta di riservare la gara alle sole cooperative sociali.
Il ricorso al Tar, dati i tempi stretti, s’accompagnerà alla richiesta di sospensiva. Gli Amici degli animali chiederanno cioè ai giudici di sospendere ogni decisione prima di entrare nel merito. Se fosse accolta, la procedura si congelerebbe. Se fosse respinta, il Comune potrebbe concludere l’aggiudicazione ma dovrebbe poi aspettare il pronunciamento definitivo, contro il quale ciascuna delle parti soccombenti può ricorrere al Consiglio di Stato.