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alice brignoli

MILANO - 30-09-2020 -- Si chiude il cerchio

sull’inchiesta contro il terrorismo islamico che quattro anni fa toccò anche il Verbano. Nell’aprile del 2016 il blitz di polizia e carabinieri portò in carcere Wafa Koraichi, giovane mamma marocchina residente a Baveno. Su ordine del gip di Milano fu arrestata (in seguito processata, condannata in via definitiva ed espulsa dall’Italia) perché facente parte di una cellula italiana che reclutava foreign fighters per l’Isis. Il suo contatto era il fratello Mohamed, che aveva lasciato l’Italia per arruolarsi nel Califfato portando con sé la moglie italiana, convertita e radicalizzata, e i tre figli. Tramite lui Wafa otteneva dalle autorità religiose islamiche la “benedizione” per i combattenti che poi partivano per la Siria. Smantellata quella cellula, l’inchiesta è rimasta aperta per le posizioni di Mohamed Koraichi e della moglie Alice Brignoli (nella foto), entrambi ricercati. Lui è morto lo scorso settembre in seguito a un’infezione. Lei da ieri è tornata in Italia, reclusa in regime di isolamento nel carcere di San Vittore. I carabinieri del Ros, grazie alla collaborazione dell’Fbi e dell’Aise, l’hanno prelevata in un campo profughi siriano, dov’era finita -separata dal marito, di cui ignorava la sorte- dopo che l’esercito dell’Isis è stato sconfitto. Con lei sono tornati in Italia i figli, nel frattempo diventati quattro, che ora sono affidati ai Servizi sociali. Hanno 11, 9, 7 e 4 anni; i primi due parlano ancora l’italiano, mentre gli altri solo l’arabo. Per loro inizia il percorso di recupero e di ritorno a una vita normale. Per la mamma parte l’iter giudiziario del processo per terrorismo.