ROMA - 13-10-2020 -- Tutto da rifare
e un altro capitolo di storia -non solo giudiziaria- da riscrivere. Nei giorni scorsi la quinta sezione della Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi delle parti civili annullando la seconda sentenza di appello del processo Montefibre bis e rimandando gli atti nuovamente in Corte d’appello.
Iniziato nel 2009 con 14 imputati -dirigenti dell’ex polo chimico verbanese tra il 1972 e il 1988- accusati di violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, omicidio colposo plurimo e di lesioni colpose per le malattie professionali legate all’amianto (mesotelioma della pleura, tumori ai polmoni e alla vescia, placche e ispessimenti pleurici, silicosi) patite da 27 lavoratori, il processo vide nel 2011 un primo pronunciamento favorevole alle difese. Tutti vennero assolti ma, nel processo d’Appello del 2015, il giudizio fu ribaltato e le pene contenute tra l’anno e i due anni e dieci mesi. Nel 2016 la Cassazione fece retromarcia, annullando la sentenza e rispedendola nuovamente a Torino, dove nel 2019 fu pronunciata ancora una volta l’assoluzione degli imputati. È qui che si innesta il ricorso di Medicina democratica e Aiea, che ha prodotto i suoi effetti in questi giorni. Per la seconda volta la Cassazione ha detto no alle condanne rimandando il fascicolo alla Corte d’appello subalpina.
Nel frattempo, però, gli imputati sono diminuiti. Nel breve volgere di un decennio, infatti, numerosi manager, già anziani, sono deceduti per cause naturali. Ne sono rimasti cinque, che sono a giudizio anche per gli altri procedimenti: il Montefibre ter (tutti assolti in primo grado a Verbania nel 2017) e il Montefibre quater (che è in corso). Il primo procedimento penale, che risale al 2005, è invece già storia. In via definitiva la Cassazione, nel 2012, ha condannato tre imputati per i soli casi di asbestosi, non ritenendo provato il nesso scientifico tra esposizione all’amianto e altre patologie.
Dietro a questi procedimenti c’è il sostituto procuratore Nicola Mezzina, che sullo stabilimento chimico di Pallanza indaga da quasi quindici anni. Alla Montefibre, già Rhodiatoce, si produceva sino all’inizio degli anni ‘80 filato di nylon. L’amianto era ovunque, principale coibentante dei condotti in cui scorreva l’acido acetico, sostanza corrosiva che si solidifica in cristalli a 16,6° e che, quindi, va sempre mantenuta a una temperatura superiore.