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MONTEBELLUNA – 19.12.2015 – Alla fine ha vinto il sì.

Anzi, ha stravinto il sì, con percentuali bulgare che raggiungono i 97 punti percentuali, forse non così prevedibili alla vigilia. L’assemblea dei soci di Veneto Banca, alle 15,30 circa di oggi pomeriggio ha segnato, come accade alla popolare di Intra nove anni fa, un passaggio storico: la fine della cooperativa (nata con il nome di Asolo e Montebelluna nel 1870) e l’avvento della spa. Una spa che avrà – altra delibera assembleare – un aumento di capitale da un miliardo di euro e che – terza decisione chiave – si quoterà in Borsa nei primi mesi del 2016.

Se la fotografia del voto, letta nei numeri, è nitidissima (10.067 voti favorevoli tra soci presenti di persona e per delega, 208 contrari, 68 astensioni), non trasmette l’immagine di un’assemblea vissuta in un clima teso, soprattutto all’inizio, tra la rabbia e i timori dei soci e correntisti. C’era timore, per la verità, anche tra i vertici dell’istituto e pure nella Bce. Il vento dei “no spa”, riverberato nel tendone di Volpago del Montello in alcuni interventi, è stato meno forte degli ammonimenti della Banca centrale europea, che per iscritto – con il documento letto dal presidente Pierluigi Bolla – ha messo in guardia dagli esiti di un no, meno forte degli interventi di Bolla e dell’ad Cristiano Carrus, meno forte dei numerosi appelli, anche politici, al sì. Respingere la proposta sarebbe equivalso a un salto nel buio che (quasi) nessuno s’è sentito di fare. Non per questo Veneto Banca è uscita dalla tempesta.

Assemblea blindata

Oltre 7.00 persone, più dei posti a sedere. La folla, scrutata da un imponente schieramento di forze dell’ordine, è affluita nel tendone fin dall’inizio della mattinata e gli accessi sono proseguiti anche dopo le 9,30 orario di inizio dei lavori. A un certo punto qualcuno è stato dirottato in altre sale collegate in videoconferenza e ci sono stati attimi di protesta e di tensione. Presenti anche tanti politici, a partire dal governatore del Veneto Luca Zaia, al quale qualcuno ha rimproverato d’aver rassicurato, l’anno scorso, sulla solidità di Veneto Banca.

Conti in rosso

Accorato e tenuto “a braccio”, l’intervento dell’ad Carrus – non sono un coroner, ma un medco che vuole salvare questa banca, che ce la può fare – è stato forse il più applaudito. Nonostante ciò che abbia detto non siano stati complimenti o elogi. Come il record negativo vantato da Montebelluna, che a fronte dell’1% del credito raccolto in Italia possiede il 2,2% dei crediti deteriorati, quei soldi prestati che non rientrano e rischiano di non farlo mai. Dal 2008 a oggi – ha detto – sono stati 7 miliardi.

Agli obbligazionisti che si sono visti convertire le obbligazioni in azioni, poi svalutate dell’80%, ha invece garantito un intervento: alla clientela retail ne sono state vendute per un milione solo: le riprenderemo.

Una causa contro gli ex amministratori

Bolla ha usato prudenza sul tema più caro (dopo la valutazione delle azioni) a soci e correntisti: l’azione di responsabilità contro i vecchi amministratori. I nomi di Flavio Trinca e Vincenzo Consoli, padri padroni fino al 2013 (Consoli anche dopo) di Veneto Banca sono risuonati in più occasioni. Il presidente, senza citarne alcuno, ha detto che, sì, parrebbero sussistere i presupposti per una causa contro chi ha gestito la banca fino a poco tempo fa e che la pratica è in mano ai legali. Il sì, scontato, anche se non netto e inequivocabile come la pancia degli azionisti “rapinati” (questo il termine più usato nei loro interventi) richiedeva, è comunque arrivato.